Sergio Mattarella torna a ribadire l’importanza della cultura. Il presidente della Repubblica, intervistato dal Corriere della Sera, ha spaziato tra diversi temi per dare credito alla propria tesi. Da Dante al Rinascimento sino all’approccio verso letteratura e arte russa: un’occasione propizia per sottolineare come l’industria culturale italiana sia “una forza trainante del nostro modello produttivo”.
Leggere è essenziale. Bisognerebbe leggere di più e, forse, la lettura del Milione di Marco Polo potrebbe aiutarci a comprendere lo spirito con cui va guardato il mondo.
A proposito della Divina Commedia, il Capo dello Stato sottolinea come Dante, soprattutto nel Purgatorio, “lancia un messaggio forse utile anche nella babele comunicativa del nostro tempo”, da “consegnare ai più giovani”.
L’importanza della cultura si identifica anche nella forza delle comunità sparse per l’Europa, riconoscibili, rivendica Mattarella, “in ogni latitudine del nostro continente”. Piazze, edifici, ma anche mercati e paesaggi, sono “segni” che identificano l’Europa.
La dimensione europea è ciò che condividiamo quale frutto del deposito lasciato da culture plurali, recate dai popoli che si sono succeduti nell’insediamento sui territori.
Mattarella sull’importanza della cultura: “Punto di partenza per nuovo Rinascimento europeo”
Inevitabile un cenno al Rinascimento, che Mattarella ricorda come “il prodotto dell’ingegno italiano in uno stato di grazia particolare”, che si è poi diffuso “nelle corti europee”.
Il sentimento di appartenenza era a una grande cultura, che non separava est e ovest europeo ma permeava ogni ambiente intellettuale. Mi piacerebbe pensare a un nuovo Rinascimento europeo, aperto al mondo intero. La fraternità europea va intesa come consapevolezza di comune destino e va oltre la solidarietà.
Tra gli intenti dei padri costituenti c’era quello di “completarsi a vicenda”, espressione che Mattarella fa sua perché “rappresenta quanto di più significativo si possa immaginare per l’Europa”. Una “fraternità europea” che sia all’insegna dell’accoglienza.
Potremmo parlare di ‘fraternità europea’ come acquisizione di consapevolezze più autentiche, che abbiano la meglio anche su narrazioni correnti di crisi di convivenza con gli immigrati che giungono sulle nostre coste o agli altri confini d’Europa, fuggendo da guerre, carestie, sconvolgimenti climatici. Buoni esempi di ‘fraternità europea’ non mancano: le porte aperte ai profughi ucraini. Tuttavia i principi sono tali se non ammettono declinazioni di comodo. La fraternità sarebbe più forte se fosse sempre ugualmente riservata a chi fugge da altre guerre, da altra fame, da altre catastrofi, lungo la linea del Mediterraneo, per esempio.
Il Capo dello Stato su letteratura e arte russe: “Gesto sbagliato che uccide la cultura”
In un altro passaggio dell’intervista, Mattarella si concentra sulla “cancel culture” nei confronti della letteratura e dell’arte russe, un gesto “sbagliato che vorrebbe colpevolizzare a ritroso i prodotti di secoli di storia europea, di cui quella cultura fa parte a pieno titolo”.
Gli intellettuali più avvertiti non hanno mancato di stigmatizzare questa visione. A uccidere la cultura è l’omologazione, il conformismo.
Nel rimarcare come l’industria culturale italiana sia “una forza trainante del nostro modello produttivo”, il presidente della Repubblica ricorda che per l’Italia sia imminente la partecipazione, come ospite d’onore, a due tra le più prestigiose occasioni culturali europee: il Festival du Livre di Parigi e nel 2024 la Buchmesse di Francoforte.
Mi piace pensare che Parigi e Francoforte significhino anche un riconoscimento all’impegno e all’attività della nostra industria dell’editoria, proiettata a pieno titolo nel dialogo della cultura internazionale. Il libro è un veicolo straordinario che richiama l’attenzione sul Bel Paese. L’Italia gode all’estero di una reputazione altissima, che investe il suo passato ma anche il suo presente. Affascina per il suo spirito pubblico, il senso della comunità, la sua vocazione alla pace. Di certo l’italianità appare di per sé un valore. E non va dissipato.
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