Nuovo scontro tra le forze belligeranti di Khartoum, capitale del Sudan, e le Forze Armate nelle prime ore di venerdì. Numerosi bombardamenti hanno risuonato nei quartieri civili della città, segnale di un’escalation evidente. Ignorati gli appelli internazionali per una tregua durante la Eid al-Fitr, festività religiosa che coincide con la fine del Ramadan.
I principali promotori del cessate il fuoco sono il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il Segretario di Stato americano Antony Blinken. La loro richiesta era di una tregua della durata pari a tre giorni, tuttavia esplosioni e spari hanno continuato a rimanere la colonna sonora nelle principali città sudanesi per la sesta notte consecutiva:
Invitiamo tutti i cittadini alla massima prudenza, a rimanere a casa, a chiudere porte e finestre e a sdraiarsi. Chiediamo anche a queste forze di essere responsabili e di smettere immediatamente di combattere per proteggere vite innocenti
Comunicato del Comitato Medico del Sudan
La capitale nel frattempo continua a svuotarsi incessantemente, con migliaia di persone in fuga. Chi ha scelto di restare vive in condizioni difficilissime da un punto di vista psicologico ma anche umano: mancano elettricità, cibo o acqua.
I portavoce di Blinken fanno sapere che ci sono stati due colloqui telefonici separati con Burhan, capo militare delle Forze Armate. e Dagalo, leader dei ribelli, affinché fosse instaurate una tregua fino al 23 aprile.
Per l’Eid di quest’anno, il nostro Paese sta sanguinando: la distruzione, la desolazione e il suono dei proiettili hanno preso il sopravvento sulla gioia. Speriamo di uscire da questa prova più uniti con un solo esercito, un solo popolo, verso il potere civile
Abdel Fattah Abdelrahman Burhan, capo delle Forze Armate
Guerra civile in Sudan, Unicef e OMS chiedono tregua
Da Unicef e Organizzazione Mondiale della Sanità arriva l’appello affinché sia concessa una tregua nella guerra civile in Sudan.
Quasi 330 persone sono morte e altre 3.200 sono state ferite
Ahmed al-Mandhari, portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
Ieri il presidente dell’Oms, Thedros Ghrebejesus, ha pubblicato un post di condanna su Twitter definendo “preoccupante e straziante” il massacro di civili. Ha infine attaccato le forze armate per aver preso di mira le strutture sanitarie e ospedaliere, quale chiara violazione del diritto internazionale alla salute (Secondo il sindacato dei medici, fino al 70% degli ospedali di Khartoum e degli Stati limitrofi sono stati messi “fuori servizio” dai combattimenti). Il messaggio si conclude con la frase “la pace sia l’unica soluzione”.
L’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia,ha dichiarato che “almeno nove bambini sono stati uccisi” negli scontri a fuoco.
Il Programma alimentare mondiale (PAM) ha avvertito che la violenza potrebbe far sprofondare altri milioni di persone nella fame in un Paese in cui 15 milioni di persone – un terzo della popolazione – già soffrono di insicurezza alimentare. Il Programma ha sospeso le operazioni dopo l’uccisione di tre collaboratori.
I Paesi stranieri corrono ai ripari
La tensione rimane altissima anche nelle zone di confine. In Egitto, per esempio, i ribelli possono contare sul supporto di alcuni gruppi mercenari (tra cui il fantomatico Wagner, già impegnato in Ucraina): confermato lo scambio di prigionieri. Anche al confine con l’Etiopia, ad Al Fashaqa, un attacco delle forze militari di Addis Abeba è stato respinto.
Tantissimi i Paesi che stanno provvedendo all’evacuazione: dopo il Giappone anche la Corea del Sud. Il primo ministro indiano Modi ha convocato un tavolo urgente, anche gli Usa progettano maxi evacuazione.