Il bar ristorante ‘Lo Stalliere’ di Modena è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza, nell’ambito di una indagine molto più ampia e che ha portato al provvedimento cautelare per quattro persone. Una gestione occulta dell’attività e soprattutto il legame con la ‘ndrangheta, la criminalità organizzata calabrese. È questa l’accusa con la quale tre uomini e una donna sono stati arrestati.
‘Ndrangheta a Modena, l’operazione della Guardia di Finanza
Abitava a Vignola, in provincia di Modena, ormai da anni, ma era nato a Gioia Tauro. Inizia così la storia di un uomo di 64 anni, accusato di mantenere un legame con una delle ‘ndrine più violente della Calabria. Si tratta di Rocco Gioffrè, “contiguo alla criminalità organizzata calabrese e indicato da vari collaboratori di giustizia quale attiguo alla ‘ndrina Piromalli di Gioia Tauro” come si legge nell’ordinanza d’arresto. Già noto alle forze di Polizia a causa di alcuni precedenti giudiziari, per droga, reimpiego di proventi illeciti, associazione per delinquere, reati contro la persona e il patrimonio nonché porto abusivo di armi, dal 2015 gestiva un bar-ristorante vicino al casello di Modena Nord, Lo Stalliere.
Tramite un provvedimento richiesto dalla Dda e firmato dal gip di Bologna Domenico Truppa, la Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro tutto ciò che fosse riconducibile all’indagato. Conti correnti, beni mobili e immobili, quote societarie intero dell’intero complesso aziendale del bar ristorante. Un’indagine che, oltre al calabrese, coinvolge altre quattro persone, tutte indagate per trasferimento fraudolento di valori.
La Guardia di Finanza, intervenuta nel corso della mattinata, ha infatti indagato anche due emiliani, un 68enne e una 38enne di Parma, e un 41enne di Torre del Greco in provincia di Napoli. Nel caso specifico si tratta di persone accusate di essere intestatari fittizi del ristorante, di cui il vero ‘dominus’ occulto era il 64enne, ufficialmente assunto come semplice cameriere. Il ristorante, che nel frattempo è stato affidato a un curatore, può continuare la propria attività.
L’indagine “Radici 2”
Ci ha pensato il Colonnello Fabio Ranieri, comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Bologna a spiegare quanto accaduto. Le indagini, coordinate dal pm Marco Forte, fanno parte di un’operazione denominata “Radici 2” e scattata a seguito di quella che ha preso il nome di “Radici”. Un’operazione che ha fatto luce sulle infiltrazioni criminali mafiose, calabresi, portando lo scorso ottobre all’esecuzione di 23 misure cautelari personali e al sequestro di beni pari a 30 milioni di euro.
In quell’occasione, Gioffrè era riuscito ad eludere le indagini per via del tipo di reato che oggi gli viene contestato. Il trasferimento fraudolento di valori necessita infatti di accertamenti bancari e patrimoniali specifici, nonché di diversi pedinamenti. A distanza di qualche mese però le forze dell’ordine sono riuscite ad accertare che l’uomo utilizzava nomi fittizi a cui intestare i beni, con lo scopo di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Nei mesi scorsi, a nome del ristorante, il principale indiziato aveva ricevuto circa 50.000 euro dallo Stato sotto forma di ristori aziendali per le chiusure durante la pandemia. Soldi che il 64enne avrebbe invece utilizzato per acquistare o noleggiare auto di lusso, tra cui due Maserati Ghibli, con un affitto da 1.500 euro al mese.
Una vicenda che non fa altro che confermare, come sottolineato anche dalle forze dell’ordine, che la mafia negli anni ha completamente cambiato pelle. Oggi i criminali si presentano infatti sempre più come imprenditori. Proprio come avvenuto in Emilia Romagna.
“Lo Stato ci ha regalato altri 8.000 euro” si ascolta in una delle intercettazioni telefoniche di cui dispongono gli investigatori.