Disuguaglianze sociali scuola: in Italia, chi proviene da un contesto sociale svantaggiato è quasi certamente destinato a fronteggiare le stesse criticità nel corso del tempo; chi proviene da una realtà famigliare vantaggiosa riesce ad inserirsi senza dover fronteggiare troppi ostacoli nel mondo del lavoro. La scuola non favorisce così l’ascesa sociale attraverso il merito. Ne abbiamo parlato ad Open Day, su Radio Cusano Campus, con Andrea Morniroli, coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità sociali della cooperativa Dedalus. “Da oltre trent’anni si disinveste sulla scuola e sull’educazione, e il disinvestimento maggiore è avvenuto con l’introduzione delle tecnologie, al momento in cui bisognava investire di più. Questo è determinato dal fatto che non sempre la scuola riesce ad accogliere tutti, c’è chi fa più fatica. I dati sull’occupazione giovanile, che in Italia sono quasi venti punti percentuali più bassi del resto d’Europa, spiega benissimo il problema: il numero di universitari è tra i più bassi d’Europa. I dati sulla povertà educativa dicono che oggi la media del Paese è al limite di quanto ci viene indicato dall’Unione Europea, se si guarda al Sud questa media scende del 16% e se si guarda in alcune aree del mezzogiorno, o periferiche del Nord, questa media sale al 22-23%. In Sicilia, Campania, una ragazzina su quattro lascia gli studi anzitempo, o conclude il ciclo di studi senza avere le competenze necessarie, non solo a trovare lavoro, ma anche ad esercitare una qualsivoglia professione“.
Disuguaglianze sociali scuola, Morniroli: “A Sud si studia un anno in meno dei coetanei del centro-Nord”
“In Italia a disperdersi, e fallire gli studi, sono i figli dei poveri, la scuola ha smesso di essere ascensore sociale, a dimostrarlo sono alcuni dati imbarazzanti. Se nasci in una famiglia povera, tendenzialmente, la scuola non ti aiuta a fare un salto, cosa che avveniva in passato! A Sud i bambini e le bambine del primo ciclo fanno un anno in meno di scuola dei coetanei del centro-Nord, perché non c’è il tempo pieno. Gli asili sono fondamentali per conciliare i tempi delle famiglie. L’unico modo per evitare che le disuguaglianze si accumulino è di mandarli al nido fin da subito – ha spiegato Andrea Morniroli – le politiche italiane rischiano di far diventare il Paese più vecchio ed egoista. Da noi, sono ancora fortissimi gli stereotipi di genere. Se vede le carriere scolastiche dei ragazzi e delle ragazze vedrà una grande disparità nel fare carriera nelle materie scientifiche. L’Italia è così“.
La storia di Maria
“Maria, una ragazzina che sta facendo un percorso di inserimento lavorativo con la nostra cooperativa, dice: ‘Ho finito la terza media, ho la media dell’otto, volevo fare il classico, ma la mamma diceva che essendo di Scampia potevo fare l’alberghiero il mio papà uguale, la maestra anche. A 17anni ho smesso, non ne potevo più e ho fatto la segretaria in uno studio‘. E gli è andata bene, non ha fatto la cassiera a 300 euro al mese! Per anni ci hanno detto che bisognava lasciare libera la crescita, avrebbe sgocciolato anche sugli ultimi, ma abbiamo visto che non è così produce disuguaglianze e un allargamento enorme delle povertà“.
Le tre politiche italiane sbagliate
Come affrontare il problema? Quali vie d’uscita possibili? “Riconsiderare gli investimenti sulla scuola – si è congedato Morniroli – è necessario riportare la spesa relativa alla scuola, all’educazione, alle università alla media europea. Cambiare la formazione dei docenti. In più sulla povertà educativa smettere di dare soldi coi progettini PON precari di un anno ma fare processi di alleanza educativa, lunghi nel tempo e declinati sulle risorse territoriali. Sono tre le politiche sbagliate nel nostro Paese: perdita di potere del lavoro, precarizzazione del lavoro; tornare ad investire sul welfare pubblico e smetterla con la precarizzazione; cambiare culturalmente il senso comune“.