Saturno, il pianeta riconosciuto da tutti per la sua particolarità rappresentata dagli anelli che orbitano attorno ad esso, diventa protagonista in una scoperta inaspettata che potrebbe rivelare informazioni utili per il futuro dell’astronomia. Il segreto di Saturno è rimasto nascosto per 40 anni, a svelarlo ci è voluto l’intervento di un veterano dell’astronomia che ha studiato le osservazioni di Saturno del telescopio spaziale Hubble e della sonda Cassini, unite alle sonde Voyager 1 e 2 e alla missione internazionale Ultraviolet Explorer.

L’analisi di questi dati hanno portato alla scoperta che il vasto sistema di anelli di Saturno sta scaldando l’atmosfera del pianeta.
E’ un fenomeno mai verificatosi prima nel sistema solare ed è il risultato di un’inaspettata interazione tra Saturno e i suoi anelli che potrebbe fornire informazioni molto importanti per capire se i pianeti attorno ad altre stelle hanno sistemi di anelli simili ad esso.

Anelli Saturno: la prova rivelatrice

La prova che rivela questa scoperta è un’immagine di Hubble del pianeta a raggi ultravioletti ottenuta nel 2017, la quale evidenzia che gli anelli appaiono molto più scuri del corpo del pianeta perché riflettono molto meno luce ultravioletta. Sopra gli anelli e la regione equatoriale scura, il rigonfiamento Lyman-alfa appare come una banda latitudinale estesa (30 gradi) che è il 30 per cento più luminosa delle regioni circostanti. L’evidenza è un eccesso di radiazioni ultraviolette, viste come una linea spettrale di idrogeno caldo nell’atmosfera di Saturno.

La spiegazione più plausibile è che le particelle di anelli ghiacciati che piovono sull’atmosfera di Saturno causino questo riscaldamento, e la causa di tutto ciò potrebbe essere proprio il clima ostile che regna sul pianeta, caratterizzato dafenomeni violenti e costanti come l’impatto di micrometeoriti, il bombardamento di particelle del vento solare, la radiazione ultravioletta solare e le forze elettromagnetiche che raccolgono polvere carica elettricamente.

Saturno: le missioni che hanno portato alla scoperta

La scoperta su Saturno è il risultato di uno studio delle osservazioni d’archivio della luce ultravioletta effettuate nel corso di quattro missioni spaziali che hanno studiato il pianeta, tra i quali le osservazioni delle due sonde Voyager che volarono su Saturno negli anni ’80 e misurarono l’eccesso di UV: all’epoca, gli astronomi archiviarono le misurazioni come rumore nei rivelatori. Anche la missione Cassini, arrivata su Saturno nel 2004, ha raccolto dati UV sull’atmosfera per diversi anni e ulteriori dati sono arrivati dall’International Ultraviolet Explorer, lanciata nel 1978, e dal telescopio Hubble.

Il dubbio che si sono posti gli astronomi era se tutti i dati potessero essere illusori o se invece evidenziassero un vero fenomeno su Saturno. La chiave di volta è arrivata nella decisione di utilizzare le misurazioni dello Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) di Hubble. Le sue osservazioni di precisione di Saturno sono state utilizzate per calibrare i dati UV d’archivio di tutte e quattro le altre missioni spaziali. Quattro decenni di dati UV coprono più cicli solari e aiutano gli astronomi a studiare gli effetti stagionali del Sole su Saturno.

Riunendo tutti i diversi dati e calibrandoli, è stato determinato che non vi è alcuna differenza stagionale nel livello di radiazione UV. L’interazione inaspettata tra gli anelli e l’atmosfera superiore è ora oggetto di indagine approfondita, per definire nuovi strumenti diagnostici per stimare se esopianeti distanti abbiano sistemi di anelli estesi simili a quelli di Saturno.
Lo studio è stato pubblicato sul Planetary Science Journal da un gruppo di ricerca guidato da Lotfi Ben-Jaffel, che lavora all’Istituto di astrofisica di Parigi e all’Università dell’Arizona.
Alessandro Girola