Quando Maignan para il rigore a Kvaratskhelia il mondo, quasi a bassa voce, sussurra: “Ce l’ha fatta”. Un balzo, uno scatto felino che lo consegna a pieno diritto nella storia del Milan. Lui, che ha un diavolo in sé, diventa Minosse e spedisce nel Cocito il Napoli, tra le lacrime di chi ha i sogni spezzati e di chi, invece, li ha alimentati a suon di parate. “Magic Mike” si spoglia solo per mostrarsi all’Europa intera e ora, dietro a Thibaut Courtois e quasi a parimerito con Jan Oblak, c’è lui.
I guanti di Maignan toccano quel pallone con le stelline. Maignan pare il rigore al fuoriclasse georgiano e la sua testa, all’improvviso, fa un salto indietro e va a Villiers-le-Bel, non la più nobile delle periferie parigine. Lì cresce Maignan, che invece del cadere nel vortice della malavita scegli il pallone, senza dargli un calcio. Vero, con i piedi ci sa fare, ma proprio in quel piccolo angolo di mondo parigino sceglie le mani, di prendere la sfera agguantandola, senza lasciarla più. Tiri al muro, palloni bloccati. Cosa va avanti la giovinezza dell’attuale numero uno rossonero, che così si tempra e diventa l’uomo che, quando c’è una punizione per la propria squadra, arriva fino a centrocampo per piazzare la controbarriera.
Un portiere nato attaccante, un po’ come Buffon. Da piccolo segnava e imitava Gerrard, poi ha capito che il suo destino doveva essere tra i pali, a strozzare in gola l’urlo di chi, per quell’urlo, darebbe dieci secondi della sua esistenza. A Parigi resta sé stesso e a quattordici anni diventa già adulto con la maglia del Paris Saint-Germain addosso. Diventa campione con gli Under 17 in una squadra che, tra le altre cose, vanta già Rabiot e Kimpembe. Diventa un pilastro nelle nazionali giovanili ma in lui, a Parigi, non credono abbastanza. Dalla Tour Eiffel a Lille, per “Magic Mike”, il passo è brevissimo.
Maignan, già da Lille, era un para rigore invidiabile
Anche con la maglia del Lille si mette in mostra. Maignan para un rigore anche nel 2018-2019, anno in cui diventa miglior portiere della Ligue 1 e porta il Lille a vincere uno scudetto senza precedenti, davanti proprio al Paris Saint-Germain. La rivincita tra i pali verso chi, da tempo, non credeva più in lui. Gli toglie la Ligue 1 Maignan, diventa il vice di Hugo Lloris nella Francia e si erge a paladino del Lille, anche se per poco. Sotto il Duomo, in quel di Milano, si cominciava a respirare un profumo diverso.
Paolo Maldini, che vede Gigio Donnarumma andare proprio dai milionari parigini, si lancia come un predatore sull’uomo bionico. Maignan in Italia è ancora poco conosciuto, tranne dagli appassionati – pochi – del campionato francese. Arriva a Milano per colmare il vuoto del portiere campione d’Europa. In poco tempo, a suon di parate, diventa l’idolo della Milano rossonera, quella parte meneghina che da tempo non vedeva il tricolore colorare il petto della maglia.
Con Maignan, senza Donnarumma, il Milan torna campione d’Italia. In quel di Reggio Emilia, in casa del Sassuolo, è uno dei più sorridenti. Restituisce il sorriso al volto dei tifosi del Milan e, da buon portiere, lo toglie a quello dei nerazzurri. Maignan, ora, è il portiere. Quello che toglie, dona a sé stesso e a chi gli sta intorno. Strapotenza mentale al servizio del Duomo rossonero che con lui – lo si è visto dall’esperienza Tatarusanu – ha vigore e linfa vitale. Quel bambino parigino, figlio della Guyana francese, ora è l’uomo che riporta il Milan in semifinale di Champions League. E soprattutto, un monito a tutti: la Champions League non è finita.