Madre perseguita psicologa e un’assistente sociale a seguito del divorzio del marito e della decisione sull’affidamento dei figli. La Cassazione ha confermato le accuse di stalking e diffamazione a carico della donna.
Madre perseguita psicologa e assistente sociale: cosa è successo
Una madre perseguita una psicologa e un assistente sociale. Una storia che aveva preso una brutta piega, quella di una donna di Busto Arstizio che ha preso di mira una psicologa. L’analista doveva condurre perizie sull’idoneità genitoriale della donna e del marito che avrebbero divorziato presto. Le perizie servivano per decidere le modalità di affidamento della loro figlia. La madre aveva scritto su diversi gruppi di donne scontente degli affidi post dove accusava la psicologa di essere collusa, protetta dalla mafia e di formulare perizie false.
Appostamenti ai danni
La situazione è diventata preoccupante quando la donna è arrivata a pedinare la psicologa e un’assistente sociale. La Cassazione ora ha confermato le accuse di stalking e diffamazione a carico della donna, imputata e condannata in via definitiva a un anno e sei mesi di reclusione.
La signora di 48 anni ha contestato la scelta agli ermellini sostenendo che non era stato considerato il “fine sociale” della sua battaglia. Da quello che emerge oltre agli appostamenti la donna si è resa protagonista della pubblicazione di post “dal chiaro contenuto minatorio” con frequenza quasi giornaliera.
Il verdetto
“In maniera adeguata” scrivono i supremi giudici nel verdetto 16254 depositato oggi “la Corte di Milano ha ricordato che anche le sole pubblicazioni di post su svariati social network sono sufficienti, da sole, a integrare il reato di atti persecutori“. Quanto ai post pubblicati, la Cassazione rileva che erano connotati da “virulenza e ossessiva ripetitività”, oltre che dal carattere “minatorio“.