Camorra commette un omicidio per errore e offre risarcimento. I killer della camorra lo uccidono per sbaglio, lo scambiano per l’amante della sorella di uno dei clan Polverino. Così lo rapiscono con l’intenzione di farlo sparire. E così fanno, con un inganno lo prelevano, lo portano in un posto sicuro, gli sparano e sciolgono il corpo nell’acido. Salvo poi scoprire che si era trattato di uno scambio di persona. Adesso gli autori del brutale omicidio sono in carcere e, per cercare una riduzione della pena (che nel caso di rifiuto, come in questo, invece dovrebbe essere estesa al massimo e quindi all’ergastolo), hanno offerto ai familiari un risarcimento, parte in contanti parte in immobili. La risposta della famiglia è stata un secco no: “Non vogliamo risarcimenti ma giustizia”. Lo hanno detto chiaramente i componenti della famiglia di Giulio Giacco. Era lui l’uomo ucciso per errore a Napoli, quasi 23 anni fa. Un innocente operaio, morto per uno scambio di persona compiuto ad opera di due killer in cerca di una riduzione di pena. E il rifiuto del risarcimento adesso, vuol dire solo una cosa: ergastolo. Il carcere a vita per i due accusati dell’omicidio e occultamento di cadavere, per i quali domani inizierà l’udienza preliminare.
Il risarcimento offerto era di 30 mila euro in contanti e 120 mila in immobili per ottenere uno sconto di pena. All’epoca l’operaio ucciso, Giulio, aveva 26 anni e morì con un colpo di pistola alla testa, prima di essere poi sciolto nell’acido per far sparire il corpo e le prove. Il motivo per cui, secondo i delinquenti doveva sparire, era perché sospettato – non lui naturalmente ma la persona che pensavano fosse – di avere una relazione con la sorella di un elemento apicale del clan Polverino.
Ucciso per uno scambio di persona dalla Camorra, i killer hanno provato ad offrire un risarcimento per ottenere una riduzione della pena
Successe tutto il 30 luglio del 2000. Giulio era in piazza vicino casa sua in contrada Romano, una zona compresa tra Pianura e Marano quando gli si avvicinarono in quattro spacciandosi per poliziotti. Lo chiamarono Salvatore e lui provò più volte a dire di essere invece Giulio, ma non servì a nulla. E i malviventi lo portarono a forza via con loro. Il ragazzo, che all’epoca dei fatti aveva 26 anni, fu costretto a salire a bordo di una macchina, una Fiat Punto di colore bordeaux. Da quel giorno nessuno lo ha più rivisto. Sparito, per la disperazione di mamma Rosa e papà Giuseppe, lei casalinga, lui agricoltore, che non hanno più avuto nessuna notizia del figlio.
Silenzio totale fino al 2015, quando le prime dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il boss Roberto Perrone, hanno portato alla luce l’episodio che causò la morte del ragazzo. Ci vollero altri sette anni poi per conoscere meglio i particolari, grazie anche a riscontri di altri pentiti. La Procura e carabinieri riuscirono a chiudere il cerchio e a chiedere e ottenere dal gip una misura cautelare in carcere nei confronti di due uomini a fine 2022. Alla fine, tutte le indagini della direzione distrettuale antimafia partenopea e del Nucleo Investigativo dei carabinieri hanno confermato che Giulio Giaccio – l’operaio ucciso 22 anni prima – era estraneo ai contesti di criminalità organizzata. Confermato lo scambio di persone fatto dagli esecutori del delitto che l’avevano erroneamente identificato per un pregiudicato. Appunto Salvatore, nome con cui era stato chiamato il giorno del rapimento, che stava intrattenendo una relazione con la sorella di Cammarota, una donna divorziata ma che il ragazzo che avevano deciso di uccidere commettendo poi l’errore, non poteva frequentare per il codice barbaro della camorra. E così fu uccisa la persona sbagliata.