Mentre gli arrivi sulle coste italiane si fanno sempre più cospicui, il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha da poco firmato un’ordinanza con cui ha nominato come nuovo commissario per la gestione dello stato di emergenza nazionale sui flussi migratori Valerio Valenti. Ecco chi è e di cosa dovrà occuparsi.
Chi è Valerio Valenti, il nuovo commissario per la gestione dell’emergenza migranti
64 anni, trapanese di origini, Valenti è già a capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno presieduto da Matteo Piantedosi. Prima era stato prefetto a Brescia, Brindisi, Trieste e Firenze. Ora, secondo quanto previsto dall’ordinanza firmata dal capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, si occuperà della gestione dello stato di emergenza nazionale sui flussi migratori insieme ad un massimo di 15 collaboratori, scelti tra le persone che sono già in servizio al Viminale, a cui potrà riconoscere un’indennità mensile pari al 25% della normale retribuzione. Oltre a loro, potrà avvalersi, per un supporto tecnico-giuridico e amministrivo-contabile, di tre esperti.
In questo modo dovrà gestire i fondi messi a disposizione per far fronte all’emergenza, coordinando le attività riguardanti l’intero sistema di accoglienza, in particolare quelle relative all’ampliamento della capacità di hotspot e centri del Sai, il Sistema accoglienza e integrazione, assicurandosi che nelle strutture provvisorie siano garantiti vitto, alloggio, vestiario, assistenza sanitaria e mediazione linguistico-culturale, garantendo servizi continuativi di trasporto marittimo ed aereo dagli hotspot ai centri individuati, anche attraverso l’assistenza delle strutture, dei mezzi e delle risorse umane delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine.
Questo in tutti i territori interessati. Per il momento “lo stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo” è stato dichiarato in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Mancano all’appello le quattro Regioni guidate dal Partito Democratico, Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia (oltre alla Val d’Aosta, non citata nell’ordinanza), che si oppongono al commissariamento delle proprie competenze a tema immigrazione da parte del governo.
La questione della protezione speciale
Per questa settimana è previsto intanto l’arrivo al Senato del decreto migranti: il testo, approvato dalla maggioranza, favorevole ad una linea dura, contiene anche le norme per l’archiviazione della protezione speciale per i migranti, per restringere il più possibile i permessi di soggiorno per calamità e per cure mediche e rendere più facile usare lo strumento delle espulsioni. Norme su cui non si è fatto attendere il fermo “no” dei sei sindaci firmatari di un documento congiunto diretto al governo. Si tratta di Roberto Gualtieri (Roma), Beppe Sala (Milano), Gaetano Manfredi (Napoli), Stefano Lo Russo (Torino), Matteo Lepore (Bologna) e Dario Nardella (Firenze).
Non condividiamo la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità,
scrivono, opponendosi allo stop della protezione, un permesso della durata di 2 anni (rinnovabile) che viene rilasciato ai richiedenti asilo che non possano ottenere o non abbiano ancora ottenuto la protezione internazionale, a patto che riconoscano di essere integrati in Italia per vincoli familiari, durata del soggiorno o altro o che, in caso di rimpatrio ed espulsione, vadano incontro a rischi di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, religione o opinioni politiche.