È precipitato tutto insieme. Prima le scaramucce, poi le scintille a distanza, poi il faccia a faccia che ben presto si è trasformato in uno scontro. Carlo Calenda e Matteo Renzi si sono presi per le corna, d’altronde nessuno dei due pecca di esuberanza e di energie nel far valere una posizione. Secondo molti i caratteri dei due leader non avrebbero potuto portare a nessun altro esito. Tant’è che in queste ore le battute sul “chi lo avrebbe detto” si sprecano. E comunque, dopo il precipitare degli ultimi tre giorni, l’esito è stato il peggiore di tutti: il progetto del partito unico è fallito. Lo ha detto in questi termini, senza giri di parole, Carlo Calenda.

Terzo Polo: e alle Europee? Magari ci ripensano

Azione ed Italia Viva non hanno mai pattuito un programma di lunga scadenza. Non si sono mai sedute ad un tavolo a redigere una carta dei valori o un manifesto. Hanno assunto scelte finalizzate, esclusivamente, alla convenienza politica contingente. Ricorderete, infatti, che Azione aveva deciso di fare un accordo con il Partito Democratico in vista delle elezioni Politiche e che questo, in poche ore, è naufragato. Sancendo, tra le altre cose, la rottura con Più Europa. La consolazione è giunta tra le braccia di Matteo Renzi nonostante, per giorni e giorni, Calenda avesse sempre smentito questa possibilità. Ma la convenienza politica, appunto, ha avuto la meglio: unire elettorati simili, facilitare il raggiungimento della soglia di sbarramento. Di convenienza sono anche i motivi che oggi, dopo pochi mesi, hanno portato alla rottura: quando chiudere Azione ed Italia Viva, come gestire le casse, se lasciare oppure no Matteo Renzi libero di fare il suo percorso da direttore di un quotidiano Nazionale. E così via. Ma è sempre per motivi politici, di convenienza ma comunque legittimi, che potrebbero anche tornare sui loro passi e andare insieme in vista delle elezioni Europee del 2024. Anche perché a sentire gli esponenti di Italia Viva, non tutto sarebbe compromesso.

A dirlo è la capogruppo al Senato, Raffaella Paita, che prima dice: “E’ andata male, non ce lo aspettavamo. Il partito unico è congelato, ma l’esperienza parlamentare comune non si concluderà, perché abbiamo deciso di andare avanti con i gruppi unitari. Ho visto un’iniziativa politica del gruppo positiva. Guardando al futuro, dal momento che i gruppi rimangono uniti, non è escluso un ripensamento”. Ma poi, per l’appunto, apre a possibili ripensamenti:

Mi auguro – riprende – che per le elezioni europee si riuniscano tutte le operazioni riconducibili al riformismo, per sfidare i populismi di destra e sinistra. La rottura non è stata quindi determinata da fattori politici di fondo, non riusciamo bene a capire nemmeno noi. Mi stupisco che qualcuno affermi che Italia viva avrebbe proseguito a fare politica nel 2024, perché avevamo fissato anche la data, il 29 ottobre, dopo la quale i due partiti si sarebbero sciolti.

Colpa di Calenda

Tuttavia, Raffaella Paita non si esime dal gioco dello scaricabarile e, seppure auspichi un atterraggio di emergenza in grado di salvare l’aereo, attribuisce la colpa di quanto sta avvenendo a Carlo Calenda. Ai microfoni di Libero, infatti, ha detto: “Non capisco perché Calenda abbia voluto questo esito, che si può ancora evitare. Assurdo sfasciare tutto per cose come la Leopolda”. E ancora:

Matteo Renzi è stato generoso facendo un passo di lato. Il Riformista? Io sto ai fatti e i fatti dicono che Calenda aveva augurato buon lavoro a Matteo Renzi. Basta fermarsi un attimo e rispondere a tre domande – spiega ancora Paita – C’è bisogno di riformisti in questo paese? È vero che sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono? Siamo orgogliosi o no del lavoro fatto finora in termini di proposte nelle assemblee elettive? A tutte queste domande la risposta è affermativa.