Gli inquirenti stanno indagando proprio all’interno del telefono di Julia Ituma, oggi l’autopsia sul corpo della ragazza chiarirà meglio cosa sia successo veramente.
Avrebbe scritto “Addio” nella chat con le compagne di squadra, Julia Ituma, prima di prendere il volo dal sesto piano. Le telecamere del Volley Hotel, dove alloggiava la Igor Novara, hanno ripreso mercoledì sera Julia Ituma, rimasta per più di un’ora, tra le 22.30 e le 23.50, tra i corridoi dell’albergo. Poche ore prima della morte. La squadra italiana aveva appena perso 3-0 la semifinale di ritorno di Champions League con l’Eczacibasi Istanbul. Le immagini mostrano Julia mentre cammina a lungo, sola e con passo lento. Quando si rialza, l’atleta, che avrebbe compiuto 19 anni ad ottobre, fa uno stretching veloce, come se le si fosse addormentata una gamba. Prima di entrare in camera, un ultimo sguardo al cellulare. Verso le 4 esce, arriva a un balcone che dà sul corridoio e vola nel vuoto, travolgendo le tende da sole esterne. “È una questione intima sua, è stata al telefono ieri fino a notte. Deve aver avuto chiamate importanti – sottolinea il suo manager – ma non sappiamo con chi. Devono averle procurato questo grande disagio”.
Julia Ituma chi ha chiamato? Cosa l’ha sconvolta?
Gli inquirenti stanno indagando proprio all’interno del suo smartphone, oggi l’autopsia sul corpo della ragazza chiarirà meglio cosa sia successo veramente, i media turchi parlano di suicidio: “le indagini sull’incidente sono in corso, dalle registrazioni della telecamera è emerso che la pallavolista italiana si è suicidata nella notte”. La mamma arrivata nella stanza dell’hotel ha detto: “non posso credere al suicidio. Era così forte, non può essersi buttata da una finestra. Possibile che la sua compagna di stanza non abbia sentito niente? Io non sono ancora riuscita a piangere, mi ha detto abbiamo perso. Io ho fatto due punti, ma la squadra ha fatto schifo”. E com’era, Julia? “Forte, come sempre”. Lasciano qualche dubbio però le parole di Stella Nervini, ex compagna di squadra e delle nazionali giovanili. “Non ti dirò di volare alto nel cielo, quello lo facevi già quaggiù. Spero solo che tu possa trovare quella pace e quella serenità che qua non hai trovato”. Il conforto era dato proprio da mamma Elizabeth – il vero faro della famiglia -, dalla sorella maggiore Vanessa e dal fratellino 15enne. Non dal padre, allontanatosi ormai da molto tempo. Oggi tutto il mondo dello sport piange una promessa del volley, un angelo che volava in alto.