È stata denominata “Alcatraz”, l’indagine coordinata dalla Procura di Trapani che ha portato all’arresto di 24 persone con l’accusa di aver introdotto illegalmente droga e cellulari in carcere. Per 17 persone sarebbe già stata disposta l’ordinanza cautelare in carcere. Cinque sarebbero finite, invece, agli arresti domiciliari. Per due è stato previsto l’obbligo di fissa dimora. Il procuratore capo di Trapani, Gabriele Paci, intercettato dai microfoni dell’Ansa poco dopo i fatti, ha parlato della struttura “Pietro Cerulli”, come di “un luogo benedetto dai detenuti” per via della collaborazione mostrata da alcuni agenti corrotti ai detenuti. Si tratta di un caso tuttaltro che isolato.

Droga e cellulari in carcere a Trapani: 24 indagati

Il carcere di Trapani ‘Pietro Cerulli’ era un luogo benedetto dai detenuti. I reclusi lo indicano come luogo dove si tengono atteggiamenti tolleranti di alcuni agenti della polizia penitenziaria che davano la propria compiacente collaborazione,

ha dichiarato nelle scorse ore all’Ansa il procuratore capo di Trapani, Gabriele Paci, parlando dell’indagine coordinata dalla Procura, denominata “Alcatraz”, che ha portato all’arresto di 24 persone, inclusi tre agenti, per corruzione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, omessa denuncia di reato, evasione e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. 17 finiranno in carcere; per cinque, invece, sarebbero già scattati gli arresti domiciliari; per altri due, l’obbligo di fissa dimora. Tra gli indagati ci sarebbero anche alcuni agenti della polizia penitenziaria.

Due degli indagati sarebbero già reclusi per altri reati: si tratterebbe di due ergastolani, uno appartenente alla Sacra Corona unita e uno alla Camorra, entrambi finiti in carcere per omicidio. Tra il 2018 e il 2022, servendosi dell’aiuto dei poliziotti corrotti, questi ultimi avrebbero fatto entrare nel penitenziario grossi quantitativi di sostanze stupefacenti e microtelefoni, poi venduti illegalmente. Stando a quanto ricostruito nel corso dell’indagine – che Paci ha definito “molto complessa” -, gli indagati si sarebbero serviti, a tal proposito, di droni. Ma non solo: in alcuni casi, i cellulari sarebbero stati introdotti in carcere dagli stessi detenuti, di ritorno dai permessi premio.

I precedenti nelle strutture di Nuoro e Trani

È di 10 giorni fa la notizia di un precedente nel carcere di Nuoro, diventato famoso per la scenografica evasione di Marco Raduano, il boss della mafia del Gargano calatosi dal muro di cinta del penitenziario con una corda ricavata dalle lenzuola e di cui non si hanno più tracce dallo scorso febbraio. All’esito di una serie di indagini iniziate prima della fuga del detenuto, la squadra mobile di Nuoro ha tratto in arresto, a inizio aprile, due persone, la sorella di un detenuto e un agente, per l’introduzione illecita di telefoni cellulari all’interno della struttura. Gli smartphone, spediti da Napoli dalla donna, venivano fatti entrati nel carcere con l’aiuto dell’agente corrotto ed erano destinati a detenuti in regime di alta sicurezza. Il tutto avveniva in cambio di soldi. A far partire l’inchiesta era stata la segnalazione dei colleghi del poliziotto, insospettiti dai suoi comportamenti.

Alla fine del 2022 a Trani due agenti – di cui uno, all’epoca dei fatti, era il comandante del reparto – erano stati sospesi nell’ambito di alcune indagini sulla gestione della struttura penitenziaria, che avevano inquadrato “un sistema corruttivo imperante” che avrebbe coinvolto, durante la pandemia, agenti, detenuti e parenti di detenuti. Sembra che il comandante, in particolare, avesse volontariamente cancellato le memorie dei telefoni in uso all’interno del carcere per eliminare le tracce di irregolarità nella gestione delle conversazioni nei mesi più duri del Covid-19. Episodi simili sono ormai tutt’altro che rari.