Adesso siamo ai diktat. I rapporti tra Carlo Calenda e Matteo Renzi si sono, per usare un eufemismo, deteriorati nelle ultime ore. Il leader di Azione recrimina a quello di Italia Viva almeno due cose: la sua decisione di accettare l’incarico come direttore del Riformista ed il temporeggiamento sulla chiusura di Italia Viva. Portare alla morte i due partiti attualmente esistenti, infatti, è vista come conditio sine qua non per la creazione di un soggetto nuovo che sia non solo sintesi tra i due ma, addirittura, espressione di un nuovo polo centrista e riformista del Paese. Da questo punto di vista, da Azione, non si sentono tranquilli. Renzi l’ha spiegata molto semplicemente: finché non c’è il nuovo partito Italia Viva resta – bisticcio concesso – viva. Ma per Calenda il problema rimane e lo spiega con queste parole riportate dall’AGI:
Ci rivedremo domani sera, ma se questo punto non viene sciolto il partito unico non nasce. Mi rifiuto di portare una comunità a fare una cosa che ha come esito un impantanamento incomprensibile per gli italiani.
Poi l’incalzo al suo amico/nemico: “Renzi, invece di dire di essere zen o Buddha reincarnato, si faccia una passeggiata, venga alla riunione e dica come la pensa a viso aperto, non per interposta persona”.
Il riferimento potrebbe essere alle due questioni di cui sopra: decidere cosa fare di Italia Viva e decidere cosa fare da grande. Se il politico o l’operatore dell’informazione. Matteo Richetti, capogruppo di Azione, ha spiegato bene il punto: “Se Renzi mi chiama lo fa come direttore di un giornale nazionale o come partner della federazione?”.
Il diktat di Calenda a Renzi
Le turbolenze, a questo punto, si trasformano in un vero e proprio ultimatum: “Ci sono ancora 18 ore di recupero per chiudere questo punto ha detto Calenda – se lo chiude, bene. Non lo chiude, siamo persone serene e continueremo a costruire un polo liberaldemocratico, sapendo che Italia viva ci ha messo nelle condizioni di non farlo“. Sono parole che arrivano in seno al vertice tenutosi oggi. Un faccia a faccia interrottosi per via del clima che si stava via via animando ed è stato, quindi, rimandato a domani. Ma l’impressione è che la notte difficilmente possa portare ad acquietare gli animi:
Ci sono ancora 18 ore di recupero per chiudere questo punto. Lo chiude, bene. Non lo chiude, siamo persone serene e continueremo a costruire un polo liberaldemocratico, sapendo che Italia viva ci ha messo nelle condizioni di non farlo.
La roadmap
Le scintille hanno rallentato lo stato dei lavori: per la creazione del manifesto dei valori e delle regole, c’è tempo fino al 31 maggio. Il 15 giugno, invece, scade il tempo limite affinché Azione e Italia Viva possano approvare in toto quanto deliberato dai lavori. Le assemblee che sanciranno anche lo scioglimento dei due soggetti si dovranno tenere entro la fine del 2024. Per quanto riguarda le votazioni congressuali per i componenti dell’assemblea nazionale e sul segretario si svolgeranno entro il 20 ottobre 2023. L’Assemblea costituente, infine, dovrebbe tenersi nelle giornate del 28 e 29 ottobre 2023.
La versione di Italia Viva
A sentire le fonti di Italia Viva, le cose starebbero diversamente. Proprio perché – come scritto sulla roadmap – lo scioglimento dei partiti deve avvenire entro la fine del 2024, non vengono capite le pressioni di Calenda affinché si acceleri per lo smantellamento di Italia Viva. La questione dell’incarico di Renzi in un quotidiano Nazionale, invece, sembra un falso problema. Così dal soggetto politico renziano:
La riunione si è conclusa con l’accordo su tutti i punti e con l’aggiornamento a domani alle 17 sulle ultime due questioni. Rimangono aperte la questione soldi su cui Iv è disponibile a pagare il 50% delle spese come fatto fino ad oggi e sulla richiesta di Calenda di non fare mai più la Leopolda. Su tutti gli altri punti accordo pieno sulla base del documento presentato questa mattina da Azione.