Continua il calo dell’inflazione negli Usa: marzo registra infatti il nono mese consecutivo di ribasso della crescita, con effetti positivi anche sulle future decisioni della Federal Reserve. Possibile infatti che la banca centrale americana ammorbidisca la sua posizione aggressiva rispetto alla politica monetaria e ai tassi d’interesse.

Secondo il Bureau of Labor Statistics, il tasso d’inflazione di marzo è pari a 5%: in calo rispetto al 6% di febbraio e il dato più basso da maggio 2021 a oggi. Su base mensile l’incremento è sostanzialmente nullo (+0,1%), in ribasso rispetto alle stime degli analisti (pari a +0,4%).

Nonostante dati confortanti, i mercati finanziari propendono per un aumento dei tassi da parte della banca centrale statunitense di altri 25 punti base in occasione della riunione politica del 2-3 maggio.

Il valore dell’inflazione segue a ruota quello sul tasso di occupazione (disoccupati in calo al 3,5%, ai minimi storici). Segnali che dovrebbero consentire alla Fed di continuare a dare priorità al ripristino della stabilità dei prezzi dopo un anno estremamente turbolento.

Inflazione Usa marzo, alcuni dati macroeconomici

Inflazione Usa a marzo, l’analisi qualitativa.

Gli aumenti diffusi dei prezzi pressoché in tutti i settori dei servizi potrebbero dunque indurre la Fed ad aumentare il tasso di interesse di riferimento per la decima volta consecutiva. Tuttavia, è difficile ignorare i segnali positivi che suggeriscono un raffreddamento della pressione inflazionistica.

I costi degli affitti sono aumentati dello 0,5% da febbraio a marzo (9% su base annua), mentre i prezzi dei generi alimentari sono scesi dello 0,3% (è la prima volta da fine 2020). I prezzi delle auto usate, tra le ragioni principali del rimbalzo, sono scesi dello 0,9%, mentre i prezzi della benzina, scesi del 4,6% solo da febbraio a marzo, sono crollati del 17% nell’ultimo anno.

C’è però un’altra questione che non può essere messa da parte. La situazione economica in sostanziale miglioramento si scontra però la crisi bancaria, che potrebbe indurre i soggetti creditizi a limitare i prestiti, e di conseguenza a rallentare la crescita economica prevista nel 2023. Molte banche più piccole hanno infatti perso i depositi dei clienti a favore di grandi banche globali, considerate troppo grandi per fallire. La perdita di questi depositi significherà probabilmente che queste banche concederanno meno prestiti ad aziende e privati

Tornando sul mercato del lavoro, si assiste a una sostanziale stagnazione generale: l’offerta si è appiattita, così come la crescita salariale. Anche quest’ultimo punto incide secondo gli esperti sulla lenta discesa dell’inflazione, poiché mantiene comunque elevato il potere d’acquisto.