Dopo essersi impegnata nello sviluppo del vaccino anti-Covid, uno dei primi arrivati in Italia, l’azienda americana Moderna ha annunciato che entro il 2030 sarà in grado di garantirne anche alcuni contro il cancro e le malattie cardiovascolari. Ma cosa sono e come funzionano nello specifico questi vaccini? Proviamo a capirlo.
Vaccini contro cancro e malattie cardiovascolari: cosa sono e come funzionano
Quando si parla di vaccini si è abituati a pensare a farmaci in grado di immunizzare il nostro organismo nei confronti di determinati agenti patogeni, spingendo il sistema immunitario a produrre anticorpi in grado di neutralizzarli prima che possano attaccarlo. In questo caso, si tratta di una vaccinazione con scopo preventivo, fatta per evitare alle persone di ammalarsi e bloccare la diffusione del patogeno. Per quanto riguarda i tumori, i vaccini preventivi sono quelli indirizzati verso agenti infettivi che, attaccando l’organismo umano, aumentano il rischio di sviluppare una neoplasia, come nel caso del papilloma virus (o Hpv), responsabile di diversi tumori, tra cui quello della cervice uterina, e il virus dell’epatite B, che può provocare il tumore al fegato. Non è invece possibile, almeno per il momento, immunizzare l’organismo per impedirgli di sviluppare un tumore.
I vaccini annunciati da Moderna – che riguardano anche le malattie cardiovascolari e altre malattie autoimmuni – sono, infatti, di tipo “terapeutico”, servono cioè ad attivare il sistema immunitario di persone già malate, spingendolo ad attaccare le cellule tumorali. A differenza di quelli classici, che prevedono l’inoculazione di un virus o di una parte di esso, si dicono “a mRna” e funzionano in questo modo: attraverso una biopsia, si identifica una proteina presente nelle cellule tumorali e assente in quelle sane e la si inocula in una forma innocua nell’organismo, lasciando agire il sistema immunitario, che a questo punto sarà in grado di riconoscere le cellule del cancro e combatterle. In poche parole, si stimola l’organismo a riconoscere ed eliminare autonomamente qualcosa di dannoso.
Si tratta di vaccini che, se utilizzati in combinazione con altre immunoterapie, possono davvero cambiare la vita dei pazienti.
A che punto è la ricerca
A dare una spinta alla ricerca sono stati gli studi condotti negli ultimi mesi in tema di vaccini anti-Covid. Non è un caso che sia stata proprio Moderna ad annunciarne l’arrivo sul mercato entro il 2030. Stando a quanto dichiarato dall’azienda americana, nel trial di fase 2, la combinazione del vaccino in via di sviluppo e di un altro immunoterapico, Keytruda, che agisce contrastando i meccanismi molecolari con cui le cellule tumorali inibiscono l’azione dei linfociti T (una componente fondamentale del sistema immunitario), è risultata abbastanza promettente, riducendo del 44% il rischio di recidive o morte in pazienti con melanoma metastatico, rispetto all’uso del solo immunoterapico. Gli esiti non sarebbero ancora stati sottoposti a revisione paritaria, ma Moderna starebbe già pianificando, insieme a Merck, uno studio per testarne sicurezza ed efficacia.
L’opinione degli esperti
La notizia è stata accolta positivamente dalla maggior parte degli esperti, che invitano però alla prudenza. Per Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata, non è ancora il momento di “lasciarsi andare a sensazionalismi e trionfalismi”. In molti, infatti, aspettano la pubblicazione dei dati: solo allora, dicono, potranno farsi un’idea più precisa dei reali passi in avanti compiuti dalla ricerca, ripresa dopo la pandemia, e giudicare lo stato della situazione. Non c’è dubbio, comunque, che la tecnologia a mRna possa apportare enormi benefici. Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, l’ha definita una “grande notizia”. E ha poi aggiunto, mandando una frecciatina ai no-vax: “Anche se ci sarà qualcuno che preferirà curarsi i tumori con le bacche di ginepro, l’omeopatia o la cura Di Bella”.