Riforma pensioni senza l’uscita a 62 anni? Come andare in pensione a 62 anni nel 2023? Ci sarà Quota 41 per tutti? Un altro anno senza Riforma pensioni, forse senza l’uscita anticipata a 62 anni. Per i lavoratori il 2024 non sarà migliore del 2023 o 2022. L’attenzione è rivolta sulle uscite flessibili agganciate a più penalizzazioni. Secondo numerosi esperti, la questione delle pensioni degli italiani, non andrà malissimo, ma male. Per questo, è stato istituito un Osservatorio speciale per valutare l’andamento previdenziale dopo l’uscita a 62 anni con 41 anni di contributi (Quota 103).

Un istituto che avrà il compito di monitorare il flusso dei pensionamenti ed esporre i piani previsionali.

Ebbene, sul tavolo del governo, non si discute della riforma pensioni, offuscata dalla riforma fiscale, anche il profilo del Def sembra essere preso con le pinze, quindi con enorme prudenza. È possibile che si tenti di raggiungere una Quota 41 per tutti, ma difficilmente si otterrà una nuova formula previdenziale di questa portata senza paletti o limitazioni.

Sicuramente, quest’ultima misura non rispecchia i canoni “consigliati” da Bruxelles.  In tutto questo si respirano le condizioni ancora in vigore della Legge Fornero.

Riforma pensioni: così salterà l’uscita a 62 anni

Come da tradizione, il governo italiano sembra non aver nessuna intenzione nel rinnovare Quota 103, ripercorrendo i passi di Quota 100 e poi Quota 102. Anche questa formula previdenziale introdotta per armonizzare l’aggancio alle norme previste nella legge Fornero, sarà porta a scadenza senza proroga. In altre parole, l’uscita a 62 anni di età termina il 31 dicembre 2023.

Tutto tenendo ben a mente l’andamento di cassa e i consigli di Bruxelles. Per questo, Quota 41 per tutti, sembra quasi irraggiungibile.

Quest’anno non ci saranno novità sul fronte previdenziale, anzi Quota 103 sarà portata a consumo e in vigore resterà la pensione ordinaria.

Verosimilmente, i lavoratori dovranno maturare 67 anni per andare in pensione (salvo variazione indice ISTAT) o in presenza di un montante contributivo di 41 o 42 anni e 10 mesi.

La pensione donna non sarà oggetto di ulteriori interventi, ma resterà con grande prudenza limitata a una piccola platea di aventi diritto.

Insomma, l’ancora di salvezza potrebbe essere lanciata dall’Anticipo pensionistico Ape sociale che potrebbe diventare la prospettiva migliore di prepensionamento.

Tagliare sulle altre prestazioni per rafforzare donne e gravosi, ecco la riforma pensioni che pochi aspettano

È chiaro che l’attenzione sarà centralizzata sull’individuazione delle misure sostenibili per le casse pubbliche.

Per questo motivo, si permetterà l’uscita flessibile per coloro che si trovano in particolari situazioni reddituali, favorendo il pensionamento per i lavoratori gravosi.

Tornando all’Anticipo pensionistico Ape sociale si amplierebbe la categoria dei gravosi, al fine di consentire un prepensionamento a 63 anni a una larga platea di aventi diritto.

Un discorso amplificato anche per le lavoratrici madri che potrebbero godere di un maggior vantaggio in base alla numero dei figli a carico.

Gli obiettivi prioritari sono tanti, tra questi il governo italiano dovrebbe considerare anche il peso dei contributi silenti nel rapporto pensionistico. Tanti, forse, troppi lavoratori devono rinunciare alla contribuzione non maturata per la pensione di vecchiaia.

La beffa viene riservata a coloro che non hanno maturato un’anzianità contributiva prima del 1996. Le prospettive di pensionamento sono legate al requisito contributivo che prevede un minimo di 20 anni di versamenti. Per cui, per la pensione occorre raggiungere questo risultato restando sul posto di lavoro fino al perfezionamento o procedere alla contribuzione volontaria. Diversamente, i contributi andranno persi restando nelle casse dell’Ente di previdenza sociale senza poter essere sfruttati.

Una riforma pensioni improntata sul principio di equità permetterebbe, l’aggancia a un trattamento previdenziale anche con un ridotto requisito contributivo.