In seguito alla morte di Angelo Frigeri, trovato impiccato alla vigilia di Pasqua nel carcere di Uta è stata aperta un’indagine per istigazione al suicidio. Il detenuto morto a Cagliari era un 40enne italiano, rivenuto privo di vita nella sua cella. Ad avviare la procedura è stata la procura della Repubblica della città sarda. In data odierna alla presenza dell’avvocato Giancarlo Frongia, che rappresenta il padre e la sorella della vittima, il pm Daniele Caria ha affidato l’incarico per l’autopsia. L’esame è stato eseguito dal medico legale Matteo Nioi. Sempre lui si era occupato della prima ispezione esterna sul corpo.
Nei giorni precedenti Frigeri era stato trasferito a Cagliari dal carcere di Badu ‘e Carros, a Nuoro, dove la Squadra mobile aveva scoperto un giro di telefonini. I dispositivi elettronici venivano introdotti illegalmente per essere consegnati ai detenuti. Il tutto all’interno dell’area di alta sicurezza da cui lo scorso febbraio era evaso Marco Raduano, boss della Sacra Corona Unita, attualmente ancora ricercato.
Il detenuto morto a Cagliari era stato condannato all’ergastolo, i motivi e le richieste dei familiari:
Angelo Frigeri era un ex idraulico ed era in carcere dopo la condanna all’ergastolo essendo reo dello sterminio di un’intera famiglia a Tempio Pausania. I fatti risalgono al 15 maggio del 2014. L’uomo si è tolto la vita creando un cappio nel suo letto coi lacci delle scarpe. Al momento sembra che tutto confermi l’ipotesi del suicidio. L’uomo era stato giudicato colpevole della strage della famiglia Azzena. La sanguinosa vicenda è stata il tragico epilogo di una rapina in casa finita male nel 2014. A perdere la vita 9 anni fa, uccisi a mani nude, sono stati il titolare di un negozio di calzature 50enne, Giovanni, la moglie 46enne Giulia e loro figlio Pietro, di appena 12 anni.
Tuttavia l’accaduto ha sorpresi i familiari di Frigeri che ora “Chiedono chiarezza sull’accaduto”, come asserito dal loro avvocato. Non sembra che l’uomo soffrisse disagi psichici o depressione, tali da indurli al gesto e, per tale motivo, di sospetta di eventuali condizionamenti. L’ipotesi di reato formulata consente di portare avanti gli accertamenti necessari a far luce sulle ultime ore del detenuto. La sua famiglia era a conoscenza del trasferimento a Uta ma non delle ragioni e per questo vogliono vederci chiaro.