Rosselli fiammiferi Empoli licenziamenti iniziati nell’azienda più antica della città dove da molti anni lavorano circa 19 dipendenti. La Rosselli, la fabbrica di fiammiferi con più di 170 anni di storia, ha iniziato l’attività nel lontano 1853 per poi ampliare l’attività negli anni successivi con la lavorazione del legno, realizzando stuzzicadenti, spiedi, accendini, utensili, taglieri.
Dopo più di un secolo, l’azienda è costretta a licenziare un quarto delle persone che da tempo vi lavorano. La CGIL si è attivata affinché ciò non accada, lanciando l’appello ai proprietari.
Rosselli fiammiferi Empoli licenziamenti, il motivo
L’azienda Rosselli è da tutti conosciuta per essere la fabbrica di fiammiferi più antica della città di Empoli, dove per più di un secolo hanno lavorato pochi dipendenti che hanno saputo portare avanti un lavoro ineguagliabile. Oggi, dopo 170 anni di attività, però, sono previsti nove licenziamenti e l’interruzione del lavoro per quattro lavoratrici a domicilio.
Il motivo di tale decisione sarebbe una conseguenza di una scelta fatta da parte dell’azienda qualche tempo fa. La Rosselli, infatti, avrebbe portata avanti il progetto di esternalizzare l’attività di produzione di fiammiferi e stuzzicadenti, mantenendo, però, la commercializzazione.
La denuncia della CGIL
Marco Carletti, segretario generale di Fillea Cgil Firenze ha lanciato un appello all’azienda sui licenziamenti, affermando:
Quella dell’azienda è una scelta sbagliata, grave e dalle conseguenze inaccettabili: chiediamo alla Rosselli di tornare sui propri passi, ci sono tante strade da battere, a partire dagli ammortizzatori sociali. La Cgil è pronta alla mobilitazione. Facciamo appello alle istituzioni: chiediamo al Comune di Empoli di intervenire a difesa del lavoro di una azienda storica del territorio, che ha saputo imporsi e durare nel tempo proprio grazie alla produzione che ora intende esternalizzare, e chiediamo alla Regione di approntare un tavolo di crisi regionale sulla vertenza. Vanno trovate soluzioni che tutelino il lavoro e i lavoratori.
Un’altra chiusura a Firenze
Uno dei capoluoghi toscani sta perdendo sempre di più le attività che da qualche mese tendono a chiudere i battenti. L’aumento delle bollette e dei costi in generale, una clientela sempre più assente e altri motivi portano alla fine di un’era. Qualche giorno fa, lo Sweet Caffè di Firenze ha detto addio ai suoi affezionati clienti che da anni ripongono fiducia nel servizio dei dipendenti e proprietari del bar. Un cartello ironico che lascia però l’amaro in bocca: “Chiuso per ferie fino a… boh?!”, si legge e poi nulla più.
Non si tratta di certo della prima chiusura, sono sempre di più le attività che non riescono ad arrivare a fine mese e sono costrette a chiudere. Il presidente di Fipe Confcommercio Aldo Cursano ha commentato in una dichiarazione rilasciata a FirenzeToday:
La pandemia ha fatto da acceleratore di certi percorsi. Ma se oltre al commercio tradizionale iniziano ad ammainare bandiera anche i bar è un grande segnale d’allarme Il bar da sempre rappresenta la ‘casa fuori casa’ degli italiani e dei fiorentini. Non perde solo il gestore che chiude, ma tutta la comunità perché viene a mancare un luogo di socialità e un presidio sul territorio. Senza servizi per i fiorentini rischiamo di trovarci una città desertificata e di fare la fine di Venezia. In Borgo Ognissanti, che è proprio lì accanto, gli amici commercianti l’hanno capito e fatto squadra; hanno compreso l’importanza del fidelizzare le persone, dello stare insieme e avere un rapporto con i residenti. L’offerta è rivolta a loro, poi capitano anche i turisti e ben vengano. Un po’ come in via Gioberti. E i risultati si vedono.
Chiusi anche l’Hotel Ognissanti, Cinema Fulgor diventati rifugi per senza tetto e gli writers che sfogano la loro creatività con murales.