Si è spento venerdì sera in una casa di cura della Florida, all’età di 103 anni, Ben Ferencz, l’ultimo procuratore vivente del processo di Norimberga che, tra il novembre del 1945 e l’ottobre del 1946, processò i nazisti per genocidio. A farlo sapere è stato il figlio, Donald Ferencz, che ha dichiarato: “Se mio padre avesse potuto fare un’ultima dichiarazione, sono certo che avrebbe detto ‘il diritto e non la guerra’”.
Chi è Ben Ferencz, uno dei pm del processo di Norimberga
Nato nella regione dei Carpazi l’11 marzo del 1920, Ben Ferencz, all’anagrafe Benjamin Berell Ferencz, aveva da poco compiuto 103 anni. Si è spento, lo scorso venerdì sera, nella casa di cura presso cui era ospite, a Boynton Beach, in Florida. A renderlo noto, il figlio, Donald Ferencz. Emigrato negli Stati Uniti quando aveva appena 11 mesi per sfuggire alla persecuzione degli ebrei ungheresi da parte del regime rumeno dopo la firma del trattato del Trianon, con cui l’Ungheria aveva ceduto alla Romania la regione in cui era nato, Ferencz studiò legge ad Harvard, laureandosi nel 1943.
All’entrata in guerra degli Stati Uniti, si arruolò nelle forze armate e, sul finire del conflitto, fu assegnato a un gruppo dedicato alla persecuzione dei crimini perpetrati dai nazisti sui prigionieri di guerra alleati. In tale funzione, fu tra i primi testimoni esterni a documentare le atrocità commesse all’interno dei campi di concentramento. Anche per questo, una volta tornato a New York, fu chiamato a rivestire il ruolo di procuratore dell’accusa nel processo condotto a Norimberga contro i componenti degli Einsatzgruppen, l’unità mobile nazista di sterminio che operò in Europa orientale nel corso del conflitto.
Furono 22 gli imputati di cui ottenne la condanna. A quattordici venne comminata l’esecuzione capitale. Da allora, tornato a rivestire la professione di avvocato, Ferencz si è sempre interessato alla difesa dei diritti tanto che, allo scoppio della guerra in Vietnam, decise di lasciare la carriera privata, dedicandosi a promuovere l’istituzione di un organismo sovranazionale di giustizia e battendosi in prima persona per prevenire e condannare i crimini di guerra e quelli contro l’umanità. “Se mio padre avesse potuto fare un’ultima dichiarazione, sono certo che avrebbe detto ‘il diritto e non la guerra’”, ha dichiarato non a caso il figlio nell’annunciarne la scomparsa, citando il famoso motto che ha guidato le azioni del padre per tutta la vita.
Le ultime interviste rilasciate ai media
Intervistato lo scorso maggio dalla rete televisiva americana Cbs, riferendosi alla recente invasione da parte russa dell’Ucraina, Ferencz aveva definito il presidente russo, Vladimir Putin “un criminale di guerra”, sostenendo che il Paese dovesse essere giudicato davanti alla Corte penale internazionale per quanto commesso. In quella che sarebbe stata la sua ultima dichiarazione pubblica, lo scorso novembre, ai microfoni della Nbc News aveva dichiarato: “Sono stato dannatamente fortunato a vivere così a lungo. Spero di aver fatto del bene durante la mia vita”.
Sono in tanti ora a ricordarlo per la sua preziosa eredità. “Oggi il mondo ha perso un leader nella ricerca della giustizia per le vittime del genocidio e dei crimini correlati”, ha dichiarato da Washington il Museo americano per la memoria dell’Olocausto. “È stato fonte di ispirazione per tanti avvocati penalisti internazionali”, ha scritto un utente su Twitter. Gli ha fatto eco un collega, che ha raccontato: “La prima volta che l’ho incontrato mi ha raccontato la storia della sua vita: l’immigrazione e la povertà seguite dalla frequentazione di Harvard, il servizio nella Seconda Guerra Mondiale, il perseguimento dei nazisti, la crescita di una famiglia e il non arrendersi mai alla lotta per un mondo più giusto e pacifico”.