Si era iscritto a medicina sognando di poter seguire le orme del padre medico ma, rimasto indietro con gli esami, avrebbe dovuto rimandare il momento della laurea. Una vergogna troppo grande per un 29enne di origini pugliesi, che alla fine avrebbe deciso di togliersi la vita pur di non deludere le aspettative dei suoi genitori, ai quali, a fin di bene, per tempo aveva raccontato bugie sugli esami effettuati. È quanto riporta oggi il Corriere, citando il diario di 42 pagine ritrovato in casa del giovane dagli inquirenti nel corso delle indagini seguite alla sua morte. Non è il primo caso simile e, secondo l’Unione degli Universitari, sarebbe davvero il momento di un cambio di rotta.
Suicidio studente Chieti: le motivazioni del gesto in un diario scritto dal 29enne
A.C., queste le iniziali del ragazzo morto suicida a Chieti, si è impiccato la sera del 6 aprile scorso nella casa che condivideva insieme alla sorella, studentessa di medicina anche lei, nel Villaggio Mediterraneo, a poche centinaia di metri dal campus universitario. A dare l’allarme, dopo aver trovato il corpo del fratello, era stata proprio la giovane: al loro arrivo, però, i soccorritori non avevano potuto far altro che constatarne il decesso. Stando a quanto ricostruito finora, il 29enne, che si era iscritto alla facoltà di medicina per seguire le orme del padre medico, era in ritardo con gli esami ed era stato costretto a rinviare la laurea.
Per non deludere le aspettative dei suoi genitori, ai quali per tempo aveva raccontato di essere a buon punto, avrebbe deciso di togliersi la vita. A rendere note le motivazioni del suo gesto è il Corriere, che fa riferimento al diario di 42 pagine ritrovato in casa del giovane dagli inquirenti e in cui egli avrebbe parlato della sua disperazione e sofferenza per la situazione vissuta. A suo dire, la sua era una vita “inconcludente e inutile”. La notizia della sua scomparsa ha sconvolto la comunità locale di origine, Oria, in provincia di Brindisi, e quella di accoglienza. “È un episodio che richiama tutti alla delicatezza del momento che stiamo vivendo”, aveva dichiarato il primo cittadino di Chieti, stringendosi alla famiglia della vittima.
Purtroppo il suo non è un caso isolato.
La denuncia dell’Unione degli Universitari
Sono sempre di più i giovani che, messi sotto pressione, scelgono la via di fuga più estrema. A denunciarlo è l’Unione degli Universitari.
Pressione sociale, paura di fallire, sensi di colpa, bugie, il mondo universitario è diventato sempre di più un luogo di depressione e ansia quando dovrebbe essere una fucina di idee, studio, curiosità e apprendimento,
dicono, auspicando un cambio di rotta, ad esempio attraverso l’introduzione di “più servizi per il benessere psicologico” e “una nuova visione di università dove vengono rispettate le persone per le loro competenze e qualità, decostruendo la narrazione meritocratica e la retorica dei migliori”. Già dopo il suicidio di una studentessa dell’Università Iulm di Milano, lo scorso febbraio, la coordinatrice dell’Unione, Camilla Piredda, aveva posto l’accento sull’importanza di offrire servizi di ascolto e sostegno gratuiti all’interno degli atenei – una questione su cui la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, sarebbe già a lavoro – e di rendere meno performativo il modello universitario. A metterlo in evidenza è stato, negli scorsi giorni, anche il sindaco di Chieti, Diego Ferrara, che ha dichiarato:
L’auspicio è che la competizione e il merito non siano l’unico orizzonte per i nostri giovani, che devono poter realizzare il proprio progetto di vita secondo i loro tempi e con la forza di competenze e talenti a cui istituzioni, famiglia, scuole, università devono saper dare sostegno, direzione e spazio.