Aids nuovo farmaco in arrivo? Il tema è caldo ancor più alla luce delle recenti dichiarazioni di Elena Di Cioccio a Le Iene in cui ha rivelato di essere sieropositiva da ventuno anni. Un’uscita forte che riacceso i riflettori su una malattia mai sopita ma in parte dimenticata da media dopo il clamore degli anni novanta, anche grazie a film come “Philadelphia”. E così adesso si scopre che potrebbe essere rilasciato a breve un farmaco che darebbe garanzia di una vita lunga e piena come quella di chi non è imbattuto nell’HIV. Va subito detto che il vaccino non ha ancora concluso il suo giro di sperimentazione ma almeno le terapie si fanno più efficaci e sempre meno invasive. L’idea era stata di pensare alla chemioterapia e a quanto impatti sulla vita dei pazienti per cercare una strada diversa. Si sostiene il fatto che, se prima una persona sieropositiva era costretta ad assumere quotidianamente oltre una decina di farmaci, poi scesi a due o tre, oggi sono sufficienti solo sei iniezioni l’anno.

Aids nuovo farmaco, cosa si sa

Molto di quanto sta venendo fuori in questi giorni arriva dalle uscite del celebre scrittore Jonathan Bazzi che proprio recentemente ha iniziato a seguire la terapia long lasting che viene così formalizzata dai medici:

“In pratica consiste nell’iniezione ogni due mesi di un farmaco che contiene due principi attivi che inibiscono alcune funzioni del virus Hiv, un inibitore dell’integrasi e un inibitore della trascriptasi inversa. Una possibilità, questa, accessibile solo al 50% dei pazienti. Più precisamente a coloro che non abbiano registrato fallimenti nelle precedenti terapie, che abbiano contratto un’infezione da Hiv che non presenti resistenze ai farmaci long-acting o che non siano risultati positivi da troppo poco tempo. Ma si tratta comunque di un risultato molto positivo, soprattutto visto che probabilmente, fra non molto tempo, le iniezioni potrebbero alla fine ridursi anche a una ogni 6 mesi.”

Senza dubbio sarebbe un passaggio epocale in questa lotta che ha preso piede a partire dagli anni ottanta.

I dati sulla circolazione del virus dell’HIV

Che stia per arrivare un nuovo farmaco per l’Aids è indubbiamente è un’ottima notizia ma c’è poco da gioire se si guardano i dati sulla circolazione dell’HIV. In merito le principali testate giornalistiche di settore sono d’accordo:

“Il mostro c’è e continua a diffondersi ed è fondamentale ricordarlo, come ogni anno, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, che si celebra ogni 1 dicembre. Perché, anche se si parla sempre poco di Hiv, questo virus continua a essere una minaccia alla salute globale. Secondo le Nazioni Unite, nel 2021 ben 38,4 milioni di persone nel mondo sono risultate sieropositive, 650mila sono morte per malattie legate all’Aids e 1,5 milioni sono le persone contagiate di recente.

L’Hiv rimane un importante problema di salute pubblica che colpisce più di 2 milioni di persone nella regione europea dell’Oms. Negli ultimi anni, i progressi verso gli obiettivi dell’Hiv si sono fermati, le risorse si sono ridotte e di conseguenza numerose vite sono a rischio. La disparità di accesso ai servizi sanitari, e in particolare ai servizi per l’Hiv, e il disprezzo per i diritti umani sono tra i fallimenti che hanno permesso all’HIV di diventare e rimanere una crisi sanitaria globale.”

Aids nuovo farmaco in Italia

E’ chiaro che la ricerca stia facendo la sua parte e che un risultato finale e concreto avrebbe comunque la sua utilità anche da noi nonostante le incidenze delle infezioni dicano che ci sono tre nuovi casi ogni 100mila residenti e quindi al di sotto della media dell’Unione Europea che è di 4,3 nuovi casi per 100mila. In totale ecco i numeri dell’Aids in Italia:

“Nel 2021 sono state registrate 1.770 nuove diagnosi, più di frequente nei maschi tra i 30 e i 39 anni d’età e per oltre l’80 per cento dei casi il contagio è avvenuto tramite rapporti sessuali. Il dato però più allarmante, diffuso dal Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, è la tempestività con cui si arriva alla diagnosi: ancora in troppi (63%) scoprono l’infezione quando questa è in fase avanzata. L’emergenza Covid potrebbe in qualche modo aver giocato un ruolo importante nel rallentamento dei contagi, ma anche su un eventuale sottodiagnosi.”

Le dichiarazioni

Se si parla di un nuovo farmaco per l’Aids è bene portare una fonte credibile e lo è di certo Massimo Galli, Direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, che sul tema usa queste parole:

“La pandemia ha sicuramente influito sull’andamento della diffusione dell’infezione da Hiv. Il periodo Covid, con le restrizioni e il distanziamento sociale, ha infatti ridotto i contatti tra le persone e questo ha diminuito anche le nuove infezioni. Il Covid ha però avuto un ruolo negativo nel ritardare alcune diagnosi, con la rinuncia ai test.”

Sulle diagnosi tardive dice la sua anche Stefano Vella, docente di salute Globale all’università Cattolica di Roma e presidente della sezione L (ricercatori esperti della materia) del comitato tecnico scientifico per l’Aids del ministero della Salute:

“Le diagnosi tardive non avrebbero ragione di esistere oggi. Mentre i decessi di persone con Aids, seppure stabili con 500 casi l’anno, ci ricordano che è un falso mito l’idea che nei Paesi ricchi non si muore più per questa malattia perché si può accedere ai farmaci specifici. Il grande problema restano le diagnosi tardive, perché quando l’infezione viene individuata tardi le conseguenze per il paziente sono peggiori.”

La prevenzione sull’Aids resta ancora l’obiettivo più concreto da raggiungere. Le terapie hanno rappresentato la possibilità di migliorare la vita di tanti pazienti ma questo non evita il fatto che la qualità della vita di chi si ammala abbia comunque un livello basso. Il fatto che siano al vaglio tanti farmaci e conoscere molto di più sulla malattia dovrebbe aiutare tutti noi a non arrivare più a contrarre la malattia stessa.