Il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli ha parlato al Messaggero della recente proposta di legge per la tutela della lingua italiana. L’esponente del partito di Giorgia Meloni ha accusato i più critici nei confronti del testo di non averlo letto.
Rampelli sulle critiche alla proposta di legge sulla lingua italiana
Rampelli andrà avanti sulla proposta di legge per la tutela della lingua italiana. Lo racconta lo stesso vicepresidente della Camera in una intervista al Messaggero dove dice che non si lascerà intimidire da “quei somari, o ignoranti, che l’hanno criticata senza leggerla, raccontando di inesistenti multe per chi userà parole straniere“. Nelle scorse legislature, racconta Rampelli, si era ragionato anche su come condividere le iniziative in difesa della dell’italiano che “non è di destra nè di sinistra, ma patrimonio universale“.
Multe: quanto c’è di vero
Per quanto riguarda la multa da 100 mila euro per chi utilizzerà termini in lingua straniera Rampelli spiega: “La cifra è alta proprio perché agisce solo sulle pubbliche amministrazioni, società pubbliche o private, multinazionali” ed ha aggiunto: “Del resto a grandi società che reiterano l’uso di parole straniere in documenti ufficiali quanto dovremmo far pagare, 40 euro come per un divieto di sosta?“. Il vicepresidente della Camera ha insistito poi che non saranno sanzionati i cittadini.
I chiarimenti in un post Facebook
Il vicepresidente della Camera ha notato che la sua proposta è stata vista come un pericoloso ritorno al passato ed ha specificato in un post Facebook cosa avverrà realmente. Rampelli spiega che la proposta è stata presentata a inizio legislatura in automatico, riproponendola dalle precedenti che riportavano la firma di tutto il Gruppo di Fratelli d’Italia. Poi specifica che la proposta di legge non prevede il divieto di utilizzare parole straniere né interviene per limitare la libertà individuale di ogni persona nell’uso dei termini che desidera. Viene imposto però alla Pa di utilizzare i termini italiani per farsi capire dai cittadini.
“Si tratta dell’elementare ‘diritto di comprensione’ che va garantito a tutti i cittadini, compresi gli ultimi quindi i soggetti socialmente svantaggiati, gli anziani, i giovanissimi, coloro che per ragioni economiche hanno lasciato gli studi per andare a lavorare. E pagano le tasse”.
Fabio Rampelli nel suo post Facebook
Arriva la risposta anche sul ministero del Made in Italy, fortemente voluto dal governo Meloni e che porta un nome inglese. Rameplli a tal proposito spiega nel suo post che la proposta di legge non contempla gli enti che operano nel campo della internazionalizzazione perché “l’obiettivo di favorire la penetrazione delle eccellenze italiane all’estero si ottiene più efficacemente con l’uso della lingua dominante, l’inglese”.
Gli altri Paesi Ue con leggi simili a quella proposta da Rampelli
Il vicepresidente della Camera cita tutti gli stati europei che difendono la propria lingua all’interno della Costituzione. Gli Stati europei, come sottolinea il deputato, che riconoscono nella propria Costituzione la lingua ufficiale sono 18 su 27:
- Austria (art.8),
- Bulgaria (art.3)
- Cipro (art.3)
- Croazia (art.12)
- Estonia (art.7)
- Finlandia (art.17)
- Francia (art.2)
- Irlanda (art.8)
- Lettonia (art.4)
- Lituania (art.14)
- Malta (art.5)
- Polonia (art.27)
- Portogallo (art.11)
- Romania (art.13)
- Slovacchia (art.6)
- Slovenia (art.11)
- Spagna (art.3)
- Ungheria (art. H).
Infine c’è il paragone con la “legge Toubon”, cui s’ispira la proposta di Rampelli, che fu approvata con l’allora Presidente della Repubblica Francois Mitterand. La “loi Toubon” anche prevede sanzioni per gli stessi soggetti menzionati da Rampelli. “Ma nel metodo francese c’è di più” racconta Rampelli nel suo post “esiste il ministero per la Francofonia e, perfino, una commissione per l’arricchimento della lingua francese che, ogni anno, riferisce al Parlamento i nuovi vocaboli creati e introdotti per sostituire quelli stranieri che si sono inseriti nel linguaggio comune” aggiunge Rampelli “E, soprattutto, c’è una legge sul ‘diritto di comprensione’“. Il deputato conclude con una domanda ironica il lunghissimo post di chiarimento: “Macron dunque è fascista?“