Quattordici anni fa il terremoto a L’Aquila che uccise 309 persone, la scossa è stata la quinta più forte della storia del nostro Paese. Oggi c’è ancora tanto da fare, ma la lezione de L’Aquila nel 2009 resta ancora attuale. Il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi parla a Tag24 di quel giorno e di cosa c’è ancora bisogno.
L’intervista al sindaco Pasquale Biondi sul terremoto a L’Aquila del 2009
Il 6 aprile 2009 è stata una data tragica per l’Italia. Durante quel giorno un terremoto di magnitudo 6.3 ha distrutto grande parte del capoluogo abruzzese: le foto delle macerie e i video del terremoto hanno fatto il giro d’Italia. Una lezione importante ancora oggi anche se a L’Aquila c’è ancora tanto da costruire. Abbiamo parlato con il sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi in questo quattordicesimo anniversario.
Cosa è cambiato dal 2009?
Dal momento di smarrimento e dolore la comunità aquilana, tutta insieme, ha saputo passare ad una fase di grande speranza verso il futuro, che oggi possiamo guardare con ottimismo – e che in parte già stiamo vivendo – grazie ai passi in avanti che ha compiuto non solo la ricostruzione materiale ma soprattutto quella sociale e culturale, cui poco alla volta si sta affiancando la ripresa del tessuto economico e produttivo che alle difficoltà del sisma ha visto aggiungersi quelle della crisi economica internazionale generata dalla pandemia e dal conflitto bellico in Ucraina. Il centro storico, da sempre cuore pulsante della socialità, dell’economia e del commercio, sta tornando ad essere quel luogo di scambi di ogni tipo che è stato per generazioni. Il processo di rinascita è in atto ed è constatabile dalle gru e i cantieri che si stagliano sullo skyline della città: solo in questo momento sono in corso i lavori di rifacimento della pavimentazione del centro storico e di recupero e valorizzazione della piazza del Duomo. Non c’è stato il calo demografico temuto durante i mesi successivi al terremoto, la stragrande maggioranza dei cittadini è rientrata nella propria abitazione e presìdi da sempre vitali per L’Aquila, come l’Università, l’Accademia delle Belle arti o il conservatorio sono stati affiancati da elementi di eccellenza come il Gran Sasso Science Institute che hanno rafforzato la vocazione della città nel campo formazione, della ricerca e delle tecnologie. Qui sorgeranno la prima scuola di formazione d’Italia per i Vigili del fuoco, il centro di formazione per il Servizio civile universale e una sede della scuola di Formazione per la pubblica amministrazione: strutture in cui l’esperienza maturata nel post sisma non solo contribuirà alla crescita di giovani e professionisti ma dell’intero Paese.
Quanto c’è ancora da ricostruire?
La ricostruzione privata è prossima all’essere ultimata, ad oggi siamo circa al 97%. Riguardo la ricostruzione pubblica siamo attorno al 65%, a causa di processi normativi e burocratici che nel corso degli anni hanno rallentato affidamenti di lavori per monumenti, scuole ed edifici storici. Sulle scuole, grazie alla possibilità di ricorrere a poteri commissariali è stata impressa una accelerazione significativa. L’attuale amministrazione ha avviato un piano, annuale e pluriennale, da oltre 31 milioni di euro, su otto strutture con progetti appaltati o lavori già in corso, per singole scuole e poli scolastici. Risorse cui si aggiungono quelle ottenute nell’ambito del Pnrr, circa 8 milioni, per due scuole, infanzia e primaria, nella frazione più popolosa della nostra città. Avevamo delle criticità, infine, che solo grazie all’attuale governo siamo riusciti a superare dopo tre anni di viaggi a Roma, richieste e appelli caduti nel vuoto. Nei giorni scorsi il Cipess ha deliberato lo stanziamento di ulteriori 33,3 milioni di euro grazie ai quali sarà possibile intervenire su cinque plessi e istituti destinati alla formazione e la crescita dei nostri ragazzi. Inoltre dopo le risposte immediate sui temi dei finanziamenti per il riequilibro dei bilanci degli enti locali con il raddoppio del contributo straordinario per le minori entrate e le maggiori spese connesse al sisma e la proroga triennale delle misure in favore del personale a tempo determinato, è arrivato un altro prezioso segnale di attenzione del governo di Giorgia Meloni al nostro territorio: la ricostruzione pubblica dell’Aquila e del cratere 2009 ha le stesse norme semplificate previste per gli appalti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un decreto legge in cui sono previste procedure che snelliscono i passaggi relativi all’affidamento delle opere che una volta approvate consentiranno alle stazioni appaltanti di procedere agevolmente accelerando i processi della ricostruzione pubblica, spesso troppo farraginosi e che il nuovo codice degli appalti auspichiamo possano ulteriormente snellire. A questi processi si aggiungono quelli attivati nell’ambito del fondo complementare al Pnrr dedicato alle aree colpite dal sisma 2009 e del Centro Italia: sono stati programmati oltre cinquanta interventi per circa 170 milioni di euro in per opere pubbliche, urbanistica, trasporti, ricostruzione pubblica, transizione ecologica e gestione del territorio.
Cosa abbiamo imparato dal sisma del 2009: che strumenti abbiamo?
La storia ci insegna che le calamità accadono, che si ripetono anche con una certa frequenza, lo abbiamo visto soprattutto negli ultimi anni. Per questo è necessario dare il senso di una ricostruzione in corso all’Aquila fatta di norme e procedure che nel tempo hanno affinato le modalità di attuazione e saputo dare risposte concrete alle comunità terremotate. Diventa così indispensabile arrivare ad un codice unico per la ricostruzione che in Italia ancora non c’è ma su cui l’esecutivo nazionale ha mostrato intenzione di intervenire in maniera incisiva. Ne è consapevole anche il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, che recentemente proprio all’Aquila ha confermato la volontà del governo di affrontare con decisione la necessità di predisposizione di un quadro normativo uniforme che consenta di passare celermente dalla fase emergenziale a quella attuativa del riscatto delle comunità partendo dall’esperienza aquilana. A quattordici anni dal terremoto c’è infatti una nuova consapevolezza: il modello L’Aquila è un patrimonio di esperienza e conoscenze maturate negli anni della ricostruzione di un territorio, lo strumento principe per affrontare qualsivoglia calamità e dare risposte immediate, da subito, ai cittadini. L’esperienza che qui e nei comuni del cratere si è consolidata ci insegna che il tempo non è una variabile indipendente nei processi di rinascita da un evento drammatico come un sisma o qualsiasi altra calamità e la rapidità delle risposte incide nei destini delle comunità.
Oggi è stata data una casa a tutti gli sfollati?
Ci sono ancora alcuni nuclei familiari in attesa che venga riconsegnata l’abitazione principale lesionata, o distrutta dal terremoto, ma la maggior parte della popolazione ha lasciato gli alloggi antisismici. Nel complesso sono circa 3400 le persone alloggiate con casa inagibile. La gestione dell’emergenza, nel 2009, va considerata a tutti gli effetti un modello ed un caso scuola: nel giro di pochi mesi, grazie allo straordinario intervento dell’allora governo Berlusconi e della Protezione civile con il Progetto C.a.s.e. è stato dato un tetto a oltre 15mila cittadini. A seguito delle operazioni di soccorso e assistenza coordinate dal Dipartimento nazionale di Protezione civile si è proceduto alla realizzazione di strutture deputate a ospitare coloro che erano rimasti senza casa: Progetto C.a.s.e. costituito da 4.449 appartamenti, oltre a 1.275 alloggi dei Moduli Abitativi Provvisori (Map, casette in legno), per un totale di 5.724 abitazioni.
Cosa ricorda personalmente di quel giorno?
Dormivo, come molti . Sono stato svegliato più che dal movimento della terra, dal rumore della testiera del letto che sbatteva sul muro: pensavo qualcuno mi stesse muovendo il letto. Dopo poco ho realizzato cosa era successo, ma non nelle reali dimensioni: sono andato verso la piazza di Villa Sant’Angelo, piccolo comune dove vivevo e di cui ero sindaco all’epoca. Quando sono arrivato sulla via d’ingresso del paese, ho trovato la strada sbarrata dalle macerie. Le ho scavalcate e la scena che mi si è presentata, della chiesa squarciata e della casa di fronte ripiegata su sé stessa, mi ha sconvolto, ho quasi un ricordo onirico. Le luci della piazza erano diventate gialle dalla polvere. E poi l’odore acre del gas, le urla. Villa Sant’Angelo fu praticamente rasa al suolo e contò 17 vittime su meno di cinquecento abitanti. Ma, al contempo, da lì a poco ho avuto la percezione di come lo Stato fosse presente, l’arrivo delle colonne mobili di volontari di Protezione civile, il sostegno della comunità nazionale e internazionale ci hanno dato conforto in mesi durissimi che ho trascorso nella tendopoli con i miei compaesani.
Come avete ricordato ieri l’anniversario del sisma?
Ogni anno, da 14 anni, raccontiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti, l’angoscia di una comunità stravolta dal sisma. Ma raccontiamo anche come i loro nonni e i loro genitori abbiano accolto il dolore, trasformandolo in coraggio e impegnandosi nella rinascita della città, rendendola sorprendentemente ancora più bella. Il ricordo perpetuo delle 309 vittime, è parte di noi, della nostra memoria collettiva che passa attraverso il Parco della Memoria, il memoriale dedicato alle vittime del sisma, all’interno del quale quest’anno è stato il braciere è stato acceso da una ricercatrice del Gssi di origine turca che e una ragazza, che lavora qui all’Aquila come ingegnere di origine siriana, al termine della fiaccolata che viene organizzata dai parenti delle vittime del sisma con il supporto del Comune. Il 5 aprile, alla messa commemorativa delle vittime, inoltre, erano presenti il premier Meloni, il presidente del Senato La Russa, il ministro Locatelli e altri esponenti del governo: un segnale forte di vicinanza da parte delle Istituzioni nei confronti della comunità aquilana.