Dopo giorni di polemiche, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, primo firmatario della proposta di legge che punta a tutelare la lingua italiana multando chi utilizza termini stranieri, è tornato sulla questione. Negli scorsi giorni, in tanti si sono scagliati contro di lui; da ultimo, anche l’Accademia della Crusca che, nel commentare le sanzioni volute dal deputato di FdI, aveva fatto sapere, attraverso le parole del professor Claudio Marazzini:

La proposta di sanzionare parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente.

Rampelli ha spiegato ora il suo punto di vista.

Multa per chi usa parole straniere: le dichiarazioni di Rampelli, primo firmatario della proposta

Obbligo di utilizzare la lingua italiana per fruire di beni e servizi, anche in forma scritta – inclusi i contratti di lavoro -, avvalendosi di strumenti di traduzione o interpreti per ogni manifestazione o conferenza che si svolga sul territorio del Paese; divieto di utilizzare sigle o denominazioni straniere per ruoli in azienda, a meno che non possano essere tradotte, e di tenere lezioni in lingue straniere all’università, a meno che non siano presenti studenti provenienti dall’estero. Sono solo alcuni dei punti della proposta di legge firmata a primo nome da Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera. Il testo, presentato lo scorso 23 dicembre, ha l’obiettivo di tutelare la lingua italiana, sanzionando, con multe che possono variare tra i 5mila e i 10mila euro, tutti coloro che non rispettino gli obblighi previsti.

Un disegno di legge che, negli scorsi giorni, ha suscitato non poche polemiche, da parte di più fronti. Ecco perché Rampelli ha ora deciso di tornare sulla questione, accusando i più di non aver letto abbastanza attentamente il testo della proposta.

Mi fa piacere che si sia parlato tanto della mia proposta di legge per la tutela della lingua italiana – ha dichiarato a Omnibus -, ma mi fa sorridere che nessuno l’abbia letta. Non c’è nessuna contravvenzione per le persone, che mantengono in pieno la loro libertà di esprimersi nella lingua che vogliono. C’è una multa, ma è indirizzata alla pubblica amministrazione.

Insomma, stando alle sue parole, le sanzioni riguarderebbero solo aziende e Pa. E il progetto di legge sarebbe stato pensato sul modello di una legge già esistente in Francia. Del resto, diciotto delle ventisette Nazioni europee avrebbero “la difesa della lingua in Costituzione”, afferma.

La mia legge dice che le pubbliche amministrazioni, lo Stato, le società partecipate, gli enti pubblici o privati che operano commercialmente in Italia, le grandi multinazionali, sono tenute a utilizzare in Italia la lingua italiana […]. Non solo per una questione di tipo identitario, che pure c’è, perché io penso che la cultura italiana vada difesa, ma perché c’è una vocazione sociale in questa legge – ha aggiunto -. Buona parte degli italiani, come anziani e persone che non hanno concluso gli studi, non può essere esclusa, ci dev’essere un diritto di comprensione rispetto a quello che accade in Italia.

Si tratterebbe, quindi, di una questione di democrazia – sottolinea -, per permettere a tutti di capire. Soprattutto nel caso degli atti delle pubbliche amministrazioni.

Non si può chiamare una legge ‘Job Act’ o scrivere ‘spreading review’ in un decreto legge di uno Stato che ha una sua lingua. Se c’è un corrispondente si utilizza. Se invece c’è una ricerca spasmodica a fare i fighetti e i provinciali, utilizzando gratuitamente delle parole straniere perché ti danno l’accesso ai salotti buoni – conclude – penso che sia sbagliato.