È notizia di poche ore fa che un altro dipendente di un’azienda privata è deceduto nelle prime ore del mattino a causa di un incidente sul lavoro. 28 anni maschio, muore a Fano schiacciato da una pressa. La settimana scorsa un operaio di 41 anni è precipitato da un ponteggio a Genova. A Napoli muore un 40enne, nel siracusano un dipendente viene colpito da una ruspa. Gli incidenti sul lavoro sono una costante per chi lavora in settori come industrie e manufatturieri eppure, invece di prestare sempre più attenzione, numeri alla mano, il dato si mostra in crescita allarmante. Nonostante questo, le morti bianche registrano un calo sensibile e da un’analisi dell’Inail, sono più i maschi delle donne a perire sul posto di lavoro.

Nel 2020, ai microfoni del programma “Tutto in famiglia” di Radio Cusano, l’avvocato Daniele Marra commentava il calo delle cifre per quanto riguarda le morti bianche. Poche indicazioni, semplici per commentare un dato allarmante che però aveva registrato un calo. Come mai si è tornati ad avere un aumento di questi parametri?

Tra il 2019 e il 2020 c’è stata la pandemia che ha fatto registrare una separata classe numerica di infortuni sul lavoro, in calo, e conseguenze malattie per contagio. Nei primi mesi del 2022 si è registrato un aumento della percentuale di infortuni sul lavoro rispetto al 2021. I dati rilevati al 30 novembre di ciascun anno evidenziano a livello nazionale per i primi 11 mesi del 2022 un incremento rispetto al pari periodo del 2021 sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 431.215 del 2021 ai 569.133 del 2022 (+32,0%), sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un aumento del 16,3%, da 71.243 a 82.869. Se parliamo di denunce mortali, come nei casi di cronaca sopracitati, il dato rilevante è legato alla componente maschile che da un 1002, passa a 893, mentre nelle donne da un 114 passa a un 113.

Come funziona e in quali casi si parla di l’infortunio sul lavoro?

Gli infortuni hanno come caratteristica fondamentale l’occasionalità dell’avvenimento. È una causa violenta, incontrastabile. Per questo l’infortunio si colloca in maniera diversa dalla malattia professionale che invece riguarda lo svolgimento dell’attività lavorativa, per esempio la contaminazione da amianto inalato è classificato una malattia professionale. Ci sono delle decisioni della cassazione che fanno un distinguo molto chiaro tra le due categorie. L’infortunio sul lavoro è un dato che deve essere registrato entro le 48 ore all’Inail previa documentazione che viene inviata sia dal datore di lavoro, che compartecipa come responsabilità all’infortunio, sia dall’infortunato dipendente. Rientra nell’infortunio sul lavoro anche un banale incidente stradale che coinvolge il dipendente mentre va o torna dal luogo di lavoro – per legge entro i 30 minuti dall’orario di inizio o fine orario lavorativo. Perché i numeri sono così tanti? Per distrazione. Nonostante le aziende, private e pubbliche, si impegnino tanto nella somministrazione di corsi d’aggiornamento sulla legge 81/08, alias ex 626 o Testo Unico sulla Sicurezza, molto spesso all’interno di un’azienda non vengono rispettati i canoni di sicurezza dai dipendenti stessi. Gli uomini, soprattutto quelli più giovani, sono coloro che rientrano maggiormente in queste casistiche.

Proprio nella revisione legislativa, nonostante risalga al 2008, è stata introdotta una norma che nomina un responsabile per l’osservazione delle norme di scurezza aziendali e un regolamento specifico per ogni azienda che sia un supermercato o una fabbrica. È il caso che queste regole siano osservate alla lettera, proprio per continuare ad abbassare le cifre di morti bianche, ma anche per limitare il più possibile il numero degli incidenti sul lavoro.