I periti medico-legali dell’accusa e della difesa si sono confrontati a lungo, nell’aula bunker della Dozza, sulle cause del decesso di Kristina Gallo, la 27enne trovata morta nel suo appartamento, a Bologna, il 26 marzo del 2019. Il sospettato principale del presunto omicidio è Giuseppe Cappello, il 44enne che con la ragazza aveva una relazione sentimentale, arrestato tre anni dopo i fatti dopo una prima archiviazione del caso.

Kristina Gallo Bologna: è scontro tra i medici legale di parte

Dopo una prima archiviazione da parte della Procura bolognese come decesso naturale, il caso di Kristina Gallo, la 27enne trovata morta a fine marzo 2019 nel suo appartamento in affitto in via Andrea da Faenza, nuda e con le gambe sotto al letto, è stato riaperto con l’ipotesi di omicidio. Secondo quanto emerso dalle indagini, ad ucciderla – con l’aggravante dello stalking – sarebbe stato Giuseppe Cappello, il 44enne con cui aveva una relazione sentimentale. Nei suoi confronti, dopo l’arresto e il rinvio a giudizio, è in corso il rito abbreviato condizionato all’audizione di alcuni consulenti.

A pesare sulla risoluzione del caso è, infatti, l’impossibilità di comprendere le esatte cause del decesso. Dall’ascolto dei medici legali che si sono occupati della vicenda, “è uscito pacificamente un quadro di incertezza sulle cause della morte”, ha fatto sapere l’avvocato Gabriele Bordoni, che difende l’imputato, al termine dell’ultima udienza. I rilievi effettuati dai periti di parte sarebbero infatti estremamente divergenti: mentre l’accusa propende per l’omicidio, la difesa sostiene che si sia trattato di una morte per cause naturali. E Cappello si dichiara innocente.

Stando all’avvocata Barbara Iannuccelli, parte civile per l’associazione “La caramella buona”, che tutela le vittime di stalking, si sarebbe comunque arrivati ad un punto di svolta, perché il medico Guido Pelletti, che inizialmente aveva concluso per la morte naturale, “oggi alla domanda se può escludere la morte violenta ha risposto di no, e ha detto che propende leggermente per la morte naturale”. Sembra anche che nessuno dei consulenti incaricati dalla difesa sia riuscito a fornire una spiegazione convincente sulle singolari modalità di ritrovamento del cadavere. Nella prossima udienza, già fissata per il 29 maggio, saranno ascoltati altri esperti.

La ricostruzione emersa dalle indagini

Per la Procura, come mostrerebbero i segni di violenza rinvenuti sul corpo, non ci sono dubbi: Cappello avrebbe asfissiato la 27enne al termine di una colluttazione. Anche perché il suo cuore “non presentava disfunzioni significative, né tantomeno in grado di causare il decesso” naturalmente. L’ipotesi è che il 44enne l’abbia uccisa – dopo averla “trascinata in un baratro di ozio, droga e isolamento” e averla allontanata dal lavoro, dagli amici e dalla famiglia, perché ormai incapace di “mantenere il controllo delle due vite parallele che conduceva”.

Sembra che poco prima della morte, Kristina si fosse presentata a casa dei genitori di lui, dove anche la sua compagna avrebbe potuto vederla – scoprendo il doppio gioco dell’uomo -, minacciandolo di rendere pubbliche le loro foto insieme e di raccontare ai carabinieri di una pistola che lui aveva preso e che lei sapeva dove. La 27enne lo definiva “psicopatico stalker” e più volte, nel corso della loro relazione, sarebbe stata picchiata e soggiogata da lui. “Questa è una pericolosa, non ha paura di nulla”, diceva di lei Cappello durante la conversazione con un amico, registrata da un’app nel suo cellulare e riportata nelle 90 pagine di informativa del nucleo investigativo che lo accusano di omicidio.

“Per rincorrere a vane promesse di stare insieme, ricominciare a vivere altrove, in Sicilia, e persino sposarsi”, Kristina aveva rinunciato anche a stare insieme alla figlia di 7 anni. Una scelta drastica, presa per stare accanto all’uomo che potrebbe averla uccisa.