Libertà, accettazione, rifiuto, discriminazione: sono alcuni dei temi affrontati nelle ultime settimane dalla trasmissione “Le Iene Show” di Davide Parenti in relazione al blocco imposto dal governo in merito alla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali. Una questione che ha acceso il dibattito pubblico e televisivo, portando molte personalità del mondo LGBTQ+ a raccontare il loro vissuto e le loro esperienze. Nell’ultima puntata del programma, andata in onda lo scorso 4 febbraio, è stata la volta di Priscilla Drag, che si è lasciata andare ad un toccante monologo.
Monologo Priscilla Drag a Le Iene: tra rifiuto e accettazione di sé
Quanta paura può fare ancora un uomo truccato con una parrucca in testa che cammina su tacchi altissimi? Dico paura perché è quello che proviamo di fronte a ciò che non sappiamo riconoscere, a ciò che non riusciamo a capire. Dunque, che ci viene più facile temere, allontanare, condannare. Anche Mariano era così: un omosessuale che concepiva l’omosessualità come qualcosa da vivere in segreto, nella propria intimità, perché aveva interiorizzato, suo malgrado, una forma di omofobia.
Con queste parole Priscilla Drag, all’anagrafe Mariano Gallo, ha esordito per raccontare la sua esperienza, confessando di aver avuto problemi, per molto tempo, ad accettare la parte femminile di sé, sviluppando nei suoi confronti una vera e propria forma di omofobia. Un atteggiamento di non accettazione nato dentro di sé per colpa della società e del contesto culturale di crescita, che non gli permettavano di vivere in pace.
La paura è quella zona di apparente confort da cui non vogliamo uscire. Quando si ha paura non si vede la realtà. Mariano non la vedeva. Mariano sono io. Mariano era in contrasto con Priscilla. Non gli piaceva il suo modo di parlare, di vestire, di comportarsi, non la capiva. E Priscilla sono io. Mariano non accettava le sfumature, le unicità. Non voleva mettersi in discussione. È solo confrontandosi con Priscilla che finalmente ha capito quanto fosse limitato, mediocre, chiuso. Grazie a Priscilla, Mariano è cresciuto. Ha imparato a vedere a colori ma anche Priscilla è cresciuta. Io sono cresciuto. E dopo il conflitto iniziale Mariano e Priscilla hanno imparato a conoscersi, rispettarsi. Ad andare d’accordo. A volte anche ad amarsi. Ma per molto tempo agli occhi di Mariano, che di mestiere fa l’attore, Priscilla era solo un personaggio.
La riappacificazione delle due anime
Una sorta di dissidio interiore, il suo, passato solo con il tempo e alla fine conclusosi con la riappacificazione. Ora, racconta, Mariano e Priscilla, le sue due anime, non sono più una cosa separata, ma si completano a vicenda.
Con il tempo, tuttavia, Mariano ha capito che Priscilla lo porta sulla pelle e dentro di sé, tutto il giorno. Tutti i giorni. E se prima Mariano e Priscilla erano due facce della stessa medaglia, il giorno e la notte, che vivevano schiena e schiena e quando c’era una spariva l’altro, oggi, invece, camminano fianco a fianco. Hanno imparato che non bisogna avere paura di conoscere e di capire. La conoscenza rende liberi. Ora Mariano e Priscilla si tengono per mano e guardano finalmente insieme al futuro.
Si tengono per mano, insomma, e non hanno più paura l’uno dell’altra. E la loro storia, la sua storia, che ha posto l’accento su un’omofobia non derivante dall’esterno ma dall’interno – quella che si può esercitare sulla propria persona per via dei retaggi assimilati -, può essere ora di esempio a quanti vivono nella paura dell’accettazione e nella discriminazione, mostrando loro che può esserci una via d’uscita e che questa via d’uscita è verso la libertà.