Il caso ChatGPT continua ad evolversi, quasi quanto l’intelligenza artificiale che ha dominato i giornali in questi giorni.
Previsto incontro OpenAI e Garante
Dopo il blocco al chatbot imposto dal Garante della privacy, per la giornata di domani – in serata – è previsto un incontro fra lo stesso Garante e OpenAI, la società sviluppatrice proprio di ChatGPT. Un’iniziativa “apprezzata dal Garante” e che, si legge nella nota stampa ufficiale, “fa seguito alla lettera con cui ieri la società statunitense ha risposto al Garante per esprimere la propria disponibilità immediata a collaborare con l’Autorità italiana al fine di rispettare la disciplina privacy europea e giungere a una soluzione condivisa in grado di risolvere i profili critici sollevati dall’Autorità in merito al trattamento dei dati dei cittadini italiani”.
Come peraltro testimoniato dalle verifiche effettuate, le informazioni fornite da ChatGPT non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento di dati personali inesatto.
Lo stop a ChatGPT fra rischio privacy e lavoro
ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale relazionale in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane, lo scorso 20 marzo aveva subito una perdita di dati riguardanti le conversazioni degli utenti e le informazioni relative al pagamento degli abbonati al servizio a pagamento. La scelta del blocco, viene così motivata da Agostino Ghiglia, componente del Garante per la protezione dei dati personali, che pone due quesiti su ChatGPT:
È lecito che i nostri dati personali, anche se reperibili da fonti pubbliche-il che non fa venire comunque meno l’ulteriore trattamento che ne deriva-siano raccolti per addestrare gli algoritmi sottesi alle Intelligenze Artificiali relazionali senza che se ne sia adeguatamente informati? È corretto che su una piattaforma che raccolga dati non vi siano robusti sistemi di controllo anagrafico per evitare di esporre i minori a contenuti inadeguati?