Rinviato a giudizio Alberto Scagni, il 42enne in carcere per l’omicidio della sorella Alice, uccisa a coltellate sotto casa il primo maggio dello scorso anno. Nel corso dell’udienza preliminare tenutasi oggi a Genova, il giudice, Matteo Buffoni, ha infatti respinto la richiesta della difesa dell’uomo di accedere al rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena. Il processo a carico del 42enne prenderà il via il prossimo 9 giugno.
Alberto Scagni rinviato a giudizio: il processo nei suoi confronti inizierà il prossimo 9 giugno
Al termine dell’udienza preliminare tenutasi questa mattina, il giudice, Matteo Buffoni, ha respito la richiesta della difesa – sostenuta dagli avvocati Maurizio e Guido Mascia ed Elisa Brigandì – di accedere al rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena ipotetica. Si tratta di un esito scontato: una norma introdotta nel 2019 impedisce il rito abbreviato per gli imputati a rischio di ottenere il massimo della pena, l’ergastolo, e Scagni, su cui pendono ben tre aggravanti, inclusa la premeditazione, potrebbe in effetti ottenerlo. Allora perché richiederlo? Perché se durante il processo le aggravanti dovessero cadere, la richiesta dell’abbreviato potrebbe essere fatta valere comunque.
Per ora è chiaro che il processo ci sarà ed è già stata fissata, anzi, la data di inizio: il 9 giugno. Scagni, che oggi era presente in aula insieme ai suoi legali, non ha mai negato di aver accoltellato la sorella, ma in più occasioni non si è mostrato lucido. Dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere, nelle ultime settimane ha riservato alla comunicazione scritta alcune considerazioni sparse sull’omicidio, sostenendo, in alcune lettere, di essere stato portato all’estremo gesto dalla famiglia, da cui si sentiva “torturato psicologicamente”. “Chissà come sta mia sorella”, si chiede in uno dei fogli scritti in cella.
In un altro, parla della possibile condanna: “Oggi, mentre ero in cella, parlavo con un detenuto che è passato davanti alla porta. Mi ha fatto i cosiddetti conti della serva, paventando una ipotetica decina di anni da qui alla mia scarcerazione. Non mi illudo. Ma non mi dispero. Un cinquanta e cinquanta”. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio volontario premeditato e aggravato dalla crudeltà e dal mezzo insidioso, ossia il coltello, che aveva nascosto in un sacchetto di plastica.
La ricostruzione del delitto
I fatti risalgono al primo maggio 2022. È sera quando Alice Scagni esce dalla casa dove vive con il marito e il figlio di appena un anno per portare a spasso il suo cane e, a pochi passi dal portone, incontra il fratello, Alberto. 42 anni, disoccupato, con problemi psichici, l’uomo è alla continua ricerca di soldi e le sue richieste, fattesi sempre più pressanti, innervosiscono la famiglia, che si sente minacciata. Tra i due inizia una lite, una delle tante, questa volta dall’esito fatale: Alberto impugna un coltello e colpisce ripetutamente la sorella, 24 volte, sotto gli occhi inermi del marito che si era affacciato dal balcone per capire cosa stesse succedendo.
“L’ho fatto perché non mi davano più soldi per vivere, non ne potevo più di andare avanti così”, aveva detto il 42enne agli inquirenti una volta fermato. Dai racconti dei genitori e della nonna dell’uomo emerge che più volte la famiglia si era messa in contatto con le forze dell’ordine, temendo da parte sua un gesto violento. Del resto, già nei giorni immediatamente precedenti al delitto, Scagni aveva scagliato la sua furia contro i familiari, incendiando la porta di casa della nonna e minacciando i genitori, che avevano anche chiesto aiuto al Centro di salute mentale di zona, senza essere presi sul serio. Se qualcuno l’avesse fatto, forse si sarebbe sventato il peggio. Ecco perché, oltre al fascicolo di inchiesta sull’omicidio, la Procura ha deciso di aprirne anche uno per omissione di atti d’ufficio e di denuncia.