Azionariato popolare, potenziamento delle giovanili e defiscalizzazione. Sono questi i punti base del Ddl Rapani, approdato in Senato e in attesa di essere discusso. Un disegno di legge che potrebbe rivoluzionare il mondo del calcio così come lo conosciamo oggi. Dalle piccole società di paese alle big del calcio che conta. A fare una fotografia a Tag24 del Ddl Rapani è Carlo Rombolà, avvocato e docente universitario: “L’azionariato popolare è l’unico modo di mantenere in vita le squadre. Se i tifosi contribuiscono in misura uguale, quelli più numerosi contano di più“.
Qual è l’obiettivo questa proposta di legge. il Ddl Rapani, sull’azionariato popolare?
“Premesso che, pur essendo un sostenitore dell’azionariato popolare, non posso mettermi nei panni di coloro che hanno presentato la proposta, l’idea che mi sono fatto è che ci troviamo in un periodo in cui le proprietà delle squadre di calcio si stanno spostando sempre di più all’estero. In un simile contesto, il ricorso all’azionariato popolare è l’unico modo di mantenere in vita il radicamento nazionale dei club, perché è qui e da qui che provengono i tifosi”.
L’azionariato popolare nel calcio non rischia di ‘aiutare’ le squadre che hanno molti tifosi, rispetto a quelle piccole che ne hanno di meno?
“Potrebbe, certo, ma si tratta di un principio democratico che non va considerato ingiusto a priori: se i tifosi contribuiscono in misura uguale, quelli più numerosi contano di più. Non credo che esista un criterio più equo di questo”.
L’articolo 2 stabilisce che tutte le società, professionistiche e dilettantistiche, debbano diventare spa o srl. In questo caso, le piccole società o associazioni sportive, dovendo sostenere maggiori costi, non rischiano di scomparire?
“Il calcio è un’attività economica che muove grandi interessi commerciali; è giusto quindi che vi sia una solidità economica minima a garanzia dei terzi. Si tratta di un principio generale che va applicato correttamente e da tutti”.
Che connessione c’è fra azionariato popolare e vivaio?
“Nessuna connessione diretta, ma è evidente che società solide dal punto di vista economico e organizzativo non prescinderanno dalla cura del vivaio, il serbatoio per eccellenza dei club di calcio, così come delle Nazionali”.
Capisco l’importanza del calcio in Italia, ma anche con questa legge si vuole defiscalizzare le società (già con la legge di Bilancio era stata introdotta una norma salva-calcio). È davvero così necessario cercare di aiutare realtà che macinano milioni di euro?
“Dipende dal modo in cui si aiutano. La promozione dello sport è un valore, su questo ci sono pochi dubbi. Dopodiché, se è vero che il credito d’imposta può essere messo in discussione, è parimenti possibile trovare sistemi più equilibrati nel sostegno pubblico”.
Quale potrebbe essere un’alternativa?
“Classica domanda da un milione di dollari. Bisognerebbe pensarci e approfondire con l’ausilio di consulenti tecnici”.
È una legge, se approvata, destinata a rivoluzionare il mondo del calcio?
“È una legge che avrebbe un grande impatto di responsabilizzazione. Gli scettici pensino al modello tedesco, Bayern Monaco in particolare, a mio avviso il più fulgido esempio da seguire quando si parla di azionariato popolare”.
Qual è la sua opinione su questa proposta di legge?
“Da convinto sostenitore dell’azionariato popolare, sono dell’opinione che qualsiasi passo in avanti verso l’introduzione di questa pratica sia da accogliere positivamente e con fiducia”.