Sono i pm di Roma a sollecitarle per altrettanti esponenti e simpatizzanti del noto movimento. CasaPound, chieste dunque 11 condanne in relazione al processo per l’occupazione abusiva del palazzo capitolino sito in via Napoleone III. A novembre 2018 è avvenuto lo sgombero attuato con la forza pubblica contro 140 migranti in transito. Ad ospitarli era la tendopoli posizionata dietro la stazione Tiburtina. In seguito a tale avvenimento era già stato richiesto un provvedimento. All’epoca a muoversi sollecitando al Viminale un intervento analogo in città, nei confronti di CasaPound, erano stati esponenti politici di sinistra e numerosissimi utenti dei social network.
CasaPound, chieste 11 condanne dopo il mancato sgombero che si attendeva in seguito all’ispezione della Guardia di Finanza, effettuata cinque anni fa. I controlli sono stati realizzati ai tempi per verificare quanto richiesto della Corte dei Conti. Tuttavia lo stabile non figurò in cima alla lista tra quelli occupati da liberare. A stilarle è la prefettura insieme al Campidoglio. Il palazzo di via Napoleone III si trova nel quartiere Esquilino di Roma ed è abusivamente occupato dal 26 dicembre del 2003 da CasaPound. Nel tempo è stato ente per l’istruzione media e superiore (in epoca fascista) e anche sede di uffici del ministero dell’Istruzione dal 1963.
CasaPound, chieste 11 condanne: i motivi
La questione dello sgombero dell’immobile di via Napoleone III, occupato da 15 anni dal movimento di estrema destra, va dunque avanti da molto tempo. Tra gli imputati, accusati di occupazione abusiva aggravata, ci sono anche Gianluca Iannone, Davide e Simone Di Stefano (il quale non fa più parte attualmente del movimento). A costituirsi parte civile nel procedimento è l’Agenzia del Demanio.
Il pm Eugenio Albamonte ha effettuato il sollecitato relativo alla condanna di tutti gli imputati, oltre ai 1500 euro di multa per ognuno di loro. In occasione della requisitoria il pm ha motivato le ragioni:
“Si tratta di un’occupazione di un immobile di proprietà del Demanio e assegnato al ministero dell’Istruzione e ricerca che va avanti dal 2003 e che ha il suo fulcro in un movimento politico. Un’occupazione che non ha le caratteristiche delle finalità abitative e che ha causato fino al 2019 un danno significativo all’Erario, stimato in oltre 4,5 milioni di euro, oggetto anche di un provvedimento sequestro preventivo non eseguito per ragione di ordine pubblico”.