Pensioni anticipate 2023, quale conviene tra quota 103, opzione donna e Ape sociale? Tempo di scelta per chi voglia uscire prima dal lavoro quest’anno con uno dei canali di prepensionamento ai requisiti di vecchiaia e anticipata di soli contributi previsti dalla riforma Fornero. Vantaggi e svantaggi vanno compensati soprattutto per la possibilità di anticipare di qualche anno l’uscita. Ma anche in vista dell’assegno che si percepirà mensilmente nella vita da pensionati. Ecco, quindi, un’analisi dei tre canali principali di pensione anticipata.
Pensioni anticipate 2023, quale conviene tra quota 103, opzione donna e Ape sociale?
Fino al 31 dicembre 2023 si può andare in pensione anticipata con quota 103 all’età di 62 anni unitamente a 41 anni di contributi. Questo canale di uscita conviene soprattutto a chi ha tanti anni di contributi versati e attende la prima data utile per andare in pensione. La misura è il normale aggiornamento di quota 100 e quota 102 che erano in vigore negli anni scorsi, con un limite in più: l’assegno di pensione non può superare i 2.818,65 euro lordi mensili. Quindi chi ha diritto a una pensione più alta subisce un taglio della pensione che impone dei ragionamenti di convenienza. La riduzione mensile opera fino al compimento dei 67 anni della vecchiaia. Alla stessa età scattano i termini di attesa per il Trattamento di fine rapporto (Tfr).
Cosa prevede la quota 103 e quanto si perde di mensile?
Come le precedenti quote, chi sceglie la quota 103 non può continuare a lavorare da dipendente o da autonomo. L’unica eccezione è lo svolgimento di un lavoro meramente occasionale con compensi annui lordi che non devono eccedere i 5.000 euro. Numerose le novità arrivate dalla legge di Bilancio 2023 che hanno interessato le pensioni con opzione donna. L’impianto della misura è totalmente cambiato: servono 60 anni di età (rispetto ai 58 degli scorsi anni) e 35 anni di contributi da raggiungere entro il 31 dicembre 2022.
Pensioni anticipate 2023, quale scegliere tra opzione donna e Ape sociale?
Le lavoratrici che chiedono di andare in pensione con opzione donna devono dimostrare di rientrare in una delle condizioni economiche e sociali già ritrovate nell’Ape sociale. Ovvero devono assistere, da almeno sei mesi, il coniuge o un parente entro il secondo grado in condizioni di handicap grave, avere un’invalidità civile di almeno il 74%, essere lavoratrici usuranti o licenziate o dipendenti di imprese in crisi. Tutti questi paletti hanno ridotto la platea delle lavoratrici in uscita nel 2023 con opzione donna a poche migliaia di unità. Tra i vantaggi, tuttavia, c’è quello di sfruttare i bonus contributivi per le lavoratrici madri, con la possibilità di anticipare l’uscita a 58 anni, con nove anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia.
Quanto si perde di pensione con opzione donna e chi può accedere all’Ape sociale
C’è da considerare che la pensione futura delle lavoratrici in uscita con opzione donna viene calcolata interamente con il sistema contributivo, meno vantaggioso rispetto al sistema misto dal quale provengono le lavoratrici prossime all’età di 60 anni. Ricorrendone i requisiti si può andare in pensione anticipata a 63 anni con l’Ape sociale. La misura consente un anticipo fino a quattro anni rispetto alla vecchiaia, ottenendo nel frattempo un’indennità di 1.500 euro mensili. Come per la quota 103, è necessario verificare che non si abbia diritto a una pensione più alta rispetto all’indennità dell’Ape sociale. Tuttavia, per l’Ape sociale è necessario rientrare in una delle condizioni già viste con l’opzione donna: i paletti determinano uscite programmate per ogni anno in cui la misura è vigente.