Appare a Rimini il murales di un uomo che allatta un bambino, parte la polemica della Lega. Matteo Montevecchi sui social ha attaccato l’opera definendola: “Frutto della peggior ideologia perversa transfemminista“.

Rimini murales uomo allatta bambino

Vicino alla stazione di Rimini è comparso un nuovo murales raffigurante un uomo allattante un bambino. L’opera di street art ha suscitato non poche polemiche da parte della Lega: “Frutto della peggior ideologia perversa transfemminista. Lo sfondo è rigorosamente con la bandiera Lgbtq” dice il consigliere regionale della Lega Matteo Montevecchi che sui social ha attaccato il murales in via Savonarola a pochi passi dal centro storico.

L’appello al sindaco

Il consigliere leghista poi rimarca come nello stesso spazio fosse già presente un murales facente riferimento alla comunità Lgbtq: “Mi chiedo, assieme a tanti cittadini: ma è stata concessa una qualche autorizzazione per compiere queste provocazioni? O ci troviamo davanti ad un’amministrazione comunale compiacente?” attacca il consigliere leghista chiedendo spiegazioni al sindaco Jamil Sadegholvaad.

La risposta del sindaco

Il sindaco di Rimini Jamil Sadhegolvaad ha subito risposto alle critiche mosse dal consigliere regionale della Lega con un post sui suoi canali social dove ha ricordato l’importanza del non censurare le opere d’arte e dove difendere l’opera di street art dalle polemiche delle ultime ore:

Cosa penso del murales che tanto sta facendo discutere in queste ore? Faccio una premessa per poi dire chiaramente cosa penso. Da studente liceale, la mia brava professoressa mi citava questa frase: l’arte, nella storia dell’uomo, è sempre stata una sedia scomoda. Per questo il rapporto tra arte e mondo è sempre stato ferocemente dialettico: se fosse altrimenti si parlerebbe di tutt’altro. Eppure ogni volta che questo cozzo tra arte e presunta ‘normalità’ avviene ecco saltar fuori la modalità ‘scandalo’: interpreti diversi, parole identiche.

Censurare…oscurare.

A Rimini è accaduto anche in anni recenti: ricordate le raccolte firme per chiedere la distruzione delle famose cartoline giganti di Maurizio Cattelan? C’è sempre un Montevecchi di turno che, invece di domandarsi perchè cancellare le parole straniere nel nome di una italianissima autarchia (perchè, consigliere, non eliminare allora l’insegnamento dell’inglese nelle scuole di ogni ordine e grado? Risolvereste il problema alla radice…) chiede di passare una mano di vernice sulla storia, sulle storie, sull’arte, riuscita o meno fa poca differenza, nel nome di un proprio pensiero. Lo avrebbe fatto, certamente, anche per Caravaggio e Michelangelo se fosse stato vivente in quel periodo storico.

Figuriamoci per un collettivo di writer riminesi che interpreta simbolicamente l’attualità operando su alcuni spazi messi a disposizione dall’amministrazione comunale di Rimini. Liberamente, gratuitamente e senza alcun contributo economico pubblico, lo specifico per il centrodestra che magari ha già pronto il comunicato sul danno erariale. Figuriamoci: quel muro sin qui grigio e anonimo, un quasi ‘non luogo’, che oggi ‘divide’ , per molto tempo ha ospitato la creatività della spray art con la scritta cubitale ‘Trans è bello’ a cui una manina birichina ha fatto da contrappunto anch’esso artistico sostituendo ‘Trans’ con ‘F..a’. Attualità vuol dire anche, per questi giovani artisti, uguaglianza delle persone, uguaglianza dei corpi. Non entro nel merito, tutto individuale, della sensibilità e dei suoi eventuali urti o entusiasmi. Sto al piano pubblico e del ruolo che l’arte o comunque visioni non convenzionali possano avere nell’ambito della vita di una città.

E questo a Rimini trova e troverà sempre asilo, perchè non si professa Rimini capitale italiana della cultura solo per una competizione datata 2026 o Rimini terra di libertà solo in un convegno: la si professa sempre, comunque e dovunque, principalmente nella quotidianità e a partire dall’atteggiamento che adottiamo ogni giorno uscendo di casa. Questa nel bene e nel male è l’arte; questa nel bene e nel male è Rimini. Se poi chiedete a me cosa penso, dico che in quella figura maschile che allatta al seno vedo il magico mistero della paternità. Essere padre, e lo provo ogni giorno sulla mia pelle e lo dico per esperienza diretta visto che sono padre di una bimba fantastica, non significa solo ‘portare i calzoni’, ‘portare a casa lo stipendio’, fare la parte del ‘poliziotto cattivo’, tutta la ridondante oleografia insomma di un ruolo che la convenzione vede come accessorio, utile ma fondamentalmente più sociale che originale. Invece essere padre significa avere la stessa relazione naturale, misteriosa, corporea, profonda, insondabile, differente ma uguale rispetto alla madre. Parità. E questo mondo ha un fottuto bisogno di padri e non di padroni. Padri, che non è la stessa cosa di patriarcato o paternalismo. PADRI.

Jamil Sadegholvaad, sindaco di Rimini