Sta facendo parlare, negli ultimi giorni, la decisione del liceo Marco Polo di Venezia di riconoscere la possibilità di iscriversi con “carriere alias” – profili burocratici, alternativi e temporanei – agli studenti che hanno intrapreso un percorso di transizione di genere, per consentire loro di sostituire il nome anagrafico con quello di elezione. Si tratta di un documento che, non essendo ufficiale, non ha un valore legale e non può quindi essere utilizzato al di fuori di scuole e università, ma che è di estrema importanza per le persone transgender, al fine di garantire loro un ambiente di studi sereno e al riparo da discriminazioni. Non la pensa così Fratelli d’Italia, la cui sezione locale ha chiesto alla dirigente dell’istituto veneziano di fare un passo indietro, sostenendo che la “carriera alias” sia contraria al codice penale. Ma la preside, Maria Rosaria Cesari, non ha intenzione di capitolare.

Carriera alias Venezia: gli attriti tra la dirigente del Marco Polo e la sezione locale di FdI

Secondo Anita Menegatto e Andrea Barbini, firmatari del testo presentato da FdI al liceo Marco Polo per bloccare le “carriere alias”, queste ultime sarebbero contrarie alle previsioni dell’articolo 479 del codice penale, che punisce la falsità ideologica, e metterebbero quindi a rischio di reato anche gli insegnanti. Per la dirigente dell’istituto si tratta di richieste “irricevibili”. “A prescindere dall’approccio non approfondito e non consapevole, che cita leggi senza che vi siano effettivamente delle connessioni, la cosa che più mi ha irritato sono le conclusioni della mail”, aveva dichiarato al Corriere del Veneto negli scorsi giorni.

“Dichiarano infatti di ritenere inopportuno che la scuola si faccia carico di inserire la carriera alias nel Ptof (Piano Triennale dell’Offerta Formativa, ndr). Loro? Lo ritengono inopportuno? Ma un partito politico a che titolo si sente in diritto di scrivere ad una scuola esprimendosi sul documento che la scuola redige, sentito il consiglio di istituto e il collegio docenti? Non hanno rispettato i ruoli. Non hanno rispettato l’autonomia. Prima di mandare un documento ad un dirigente scolastico poi dovrebbero capire di cosa parlano. La carriera alias da noi c’è dal 2021 ed è stata approvata all’unanimità delle componenti del consiglio di istituto”, aveva ribadito, sostenendo di aver avvisato i docenti dell’accaduto, ma di voler proseguire nel percorso già avviato.

Ora, in un’intervista a Repubblica, la dirigente, Maria Rosaria Cesari, è tornata di nuovo sulla questione, spiegando perché non è disposta a tornare sui suoi passi.

Le dichiarazioni della preside

“Noi, e intendo docenti, genitori e studenti, ci siamo dotati dello strumento della carriera alias contro ogni discriminazione. È una questione di rispetto, perché la scuola dev’essere inclusiva. Il patto tra scuola e famiglia si basa anche su questo. Io mi aspetto che al ministero facciano le stesse riflessioni”, ha spiegato la preside. Per lei si tratta di “una questione di tutela della dignità delle persone. Chi viene qui sa che può dichiarare apertamente di sentire l’appartenenza a un genere diverso, rispetto a quello anagrafico”.

Abbiamo 1050 studenti, ci sono 6 carriere alias – prosegue -. Ci sono altre ragazze e ragazzi che non chiedono l’attivazione formale, ma vivono questa loro identità di genere in maniera libera e chiara. Ciò che mi preme di far capire è che non c’è nessuna sostituzione di persona, come vogliono far credere i delegati di FdI e le associazioni pro vita. Non c’è nessuna sostituzione di persona. Nel registro elettronico c’è il nome elettivo e non quello anagrafico, ma tutti gli atti esterni riportano il nome anagrafico. La carriera alias è in realtà un accordo di riservatezza tra la famiglia, la scuola e lo studente o la studentessa. Non toglie diritti a nessuno, semmai ne aggiunge.

Ma la questione è anche un’altra. “Nessun partito può entrare a gamba tesa nelle questioni scolastiche”, spiega la dirigente. “Qua facciamo squadra – conclude -. Vogliamo difendere l’autonomia della scuola, contro qualsiasi ingerenza. Questo non è negoziabile. Noi resistiamo”.