Guglielmo Marconi, celebre visionario, inventore della radio, è ad oggi il più significativo scienziato della storia della comunicazione: del passato e del presente. Possiamo considerare gli smartphone la naturale eredità della radio? Ne abbiamo parlato col professor Guglielmo Giovannelli Marconi, docente di storia contemporanea presso UniMeier di Milano, a Società Anno Zero, su Radio Cusano Campus.

Guglielmo Marconi e il primo cellulare, era il 1931

Guglielmo Marconi, “quando inventò il primo cellularone prototipo del cellulare moderno, si trovava a Castel Gandolfo per costruire Radio Vaticana, inaugurata da Papa Pio XI, era il 1931. Creò due dispositivi giganti, trasportanti da macchine, con due autisti, che parlavano tra loro attraverso un numero. Fu quello l’antenato del primo cellulare creato nel 1973 da Martin Cooper, a forma di scarpa – ha spiegato il professor Marconi, a Società Anno Zero – ma fu molto onesto Martin Cooper nel dichiarare, nel 2013, la mia creazione è figlia di Marconi, senza la comunicazione via etere senza fili non avrei mai potuto inventare il cellulare.”

Il primo esperimento radio risale al 1895, all’età di ventun anni, pur non avendo una laurea

“Il primo esperimento radio, invece, risale al 1895, all’età di ventun anni, Marconi non era laureato e ironia del destino fu bocciato sei volte in fisica, perché considerato eretico. Lì inizia la grande avventura della radio. Fino a quel momento gli esseri umani comunicavano coi fili, cavi sottomarini, con la radio questa distanza viene infranta. La radio è certamente la grande madre di sviluppi comunicativi come quelli di cui godiamo oggi”.

“Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità e non per distruggerla”, 1937

“L’idea principale di Marconi era di creare un mondo unito a scopi benefici. Una delle sue ultime frasi prima di morire, nel 1937, fu appunto quella che recita Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità e non per distruggerla, aveva concepito così una forma di scienza etica che serviva a rompere i muri e costruire una comunicazione globale. Parlava di una cintura che coinvolgesse tutto il mondo nella comunicazione istantanea, prima con le onde lunghe e poi con le onde istantanee. Questa fu la matrice del futuro di internet. Steve Jobs fece un discorso davanti agli studenti e anche lui riconobbe a Marconi l’invenzione primaria da cui discendevano i computer. La comunicazione via etere è la stessa che si applica nei computer senza fili – ha aggiunto il professor Guglielmo Giovannelli Marconi – i baroni universitari dell’epoca non hanno avuto, in buona fede, la lungimiranza di capire le sue invenzione. L’università di Bologna fu ostile alle sue teorie, poi la storia gli ha dato ragione”.

In Italia lo avrebbero ricoverato tra i matti, a Londrà tutto ebbe inizio

“Pensi che a Roma volle presentare la prima bozza di brevetto per le poste telecomunicazioni. Fu accompagnato dalla madre, venne ricevuto da un funzionario che mandò un telegramma, un biglietto, al ministro competente e disse stamani ho ricevuto un tale Marconi che consiglierei di ricoverare alla Lungara, dove all’epoca ricoveravano i matti. Sul Lungotevere – si è congedato Marconi – a quel punto dovette andare a Londra dove la mamma aveva dei contatti. Lì il Ministero delle poste lo accolse a braccia aperte e capì subito l’importanza del nuovo mondo scientifico, e così fondò una compagnia, la Marconi Company, oggi assorbita dalla Ericsson. Fu una storia comunque importante non solo da un punto di vista scientifico, ma anche aziendale. Di Guglielmo Marconi possiamo dire, infine, che è stato un uomo affascinante, non il classico secchione: abbastanza ecclettico, suonava il pianoforte, era molto amico di Giacomo Puccini e Gabriele D’Annunzio. Amava e abbracciava anche altri campi delle arti liberali”.