La richiesta di rimuovere TikTok dai dispositivi governativi arriva dal Pd tramite una mozione presentata nei giorni scorsi. Una scelta che gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’India, e vari paesi europei hanno già fatto, motivando la decisione in termine di “rischi” per la privacy e la sicurezza nazionale. Il senatore del Pd Enrico Borghi, ha spiegato a Rainews.it le ragioni di questa iniziativa parlamentare.
TikTok via dai dispositivi governativi, Borghi: “Manca il Digital Service Act”
Tale iniziativa, afferma Borghi, è stata accolta molto bene. Essa è nata da un’indagine conoscitiva sui possibili rischi della app in merito alla sicurezza nazionale. A tal proposito, spiega il senatore, “il punto chiave è verificare l’uso che il governo della Cina fa dei dati sensibili dei cittadini italiani”. L’Italia è esposta ai rischi di privacy e sicurezza a causa della mancanza del Digital Service Act approvato proprio dal Parlamento europea.
Alla domanda quali sono gli obiettivi del Digital Service Act e perché non è stato ancora recepito in Italia, Borghi risponde:
Il Digital Service Act punta a creare uno spazio digitale più sicuro in cui i diritti fondamentali degli utenti sono protetti e a creare condizioni di parità per le imprese […] La caduta del governo Draghi ha bloccato il processo interno di adeguamento, anche se va detto che in ogni caso dal 1 gennaio 2024 la norma varrà in automatico anche in assenza di interventi statuali. Però prima ci si uniforma a questo processo, e prima si innalza il livello di sicurezza interno.
Le reazioni dell’opposizione
Il ministro e vicepremier Matteo Salvini si è detto perplesso e contrario ad ogni tipo di censura. Borghi tuttavia ha affermato che “qui non si parla di censura, ma di sicurezza nazionale. E parla del fenomeno della “infocrazia”:
La digitalizzazione penetra profondamente nella sfera pubblica e in quella politica, e produce sconvolgimenti sia alle nostre vite che al processo democratico. La persona viene trasformata in una miniera di dati da estrarre, e nella infocrazia libertà e sorveglianza coincidono.
I vertici di TikTok hanno dichiarato più volte: “I dati degli utenti italiani, così come quelli europei, non sono conservati in Cina ma negli Stati Uniti e Singapore e presto all’interno dell’Unione Europea nel data center irlandese. Il Governo cinese non ha mai chiesto l’accesso ai dati dei nostri utenti e laddove dovesse non li condivideremmo”.
Ma su questo punto Borghi ci tiene a sottolineare che “la legge sulla sicurezza della Repubblica Popolare Cinese stabilisce che qualora le attività di trattamento dati possano ledere la sicurezza nazionale, la giurisdizione è estesa a persone o entità all’estero, e che è fatto obbligo a ogni persona fisica o giuridica cinese di trasferire ogni informazione alle autorità cinesi”. Questo significa che “Il fatto che il governo cinese non abbia mai chiesto l’accesso dei dati non pregiudica il fatto che lo possa chiedere, o meglio pretendere, in futuro.
Alla domanda se il Pd presenterà una mozione anche alla Camera dei Deputati, Borghi non si sbilancia:
I colleghi del gruppo democratico alla Camera stanno lavorando sul tema, e la nuova capogruppo Chiara Braga è avvertita sulla questione. Poi le modalità e linee di azione in materia spettano alla loro autonomia operativa.