Aggressione ospedale a Vicenza. Un uomo senza fissa dimora ha aggredito una infermiera e una guardia giurata dell’ospedale San Bortolo. L’uomo si sarebbe scagliato contro l’operatrice sanitaria e, in seguito, contro la sicurezza intervenuta per aiutare la donna. Al momento non si sa il motivo che ha fatto scoppiare d’ira il clochard. Per le vittime solo qualche lesione, con una prognosi di una decina di giorni. Il senza tetto è stato poi espulso dal territorio italiano.
Aggressione in ospedale a Vicenza, Zaia: “La violenza è intollerabile”
“La violenza non è mai tollerabile e ancor meno lo è quella contro chi è impegnato nel suo lavoro; contro un professionista sanitario è un gesto, se è possibile, ancora più odioso“, ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, esprimendo poi solidarietà all’infermiera e alla guardia giurata. “La sicurezza sul luogo di lavoro – ha aggiunto – è un diritto di ogni dipendente. Le aggressioni negli ambienti sanitari, invece, rappresentano un vero problema. L’aggressore di Vicenza è stato bloccato dalla Polizia che ringrazio per l’intervento tempestivo. Sono certo che la giustizia farà il suo corso a conferma che comportamenti violenti e aggressioni non sono ammissibili”.
Anche il sindaco di Vicenza, Francesco Rucco, ha espresso solidarietà, ricordando le grandi difficoltà che quotidianamente affrontano medici e infermieri. “Le professionalità in campo sanitario sono ultimamente messe a dura prova da episodi di soprusi e violenza da parte di alcuni utenti che non rispettano minimamente chi lavora per il loro bene”. Il primo cittadino ha anche avuto parole di elogio per la rapida espulsione dell’aggressore: “Condanno con forza questi episodi e mi complimento con il questore per aver provveduto all’immediata espulsione dell’aggressore, confermandogli la piena collaborazione anche per implementare i servizi di controllo negli ospedali e nei centri medici della città. Faremo tutto il possibile perché fatti del genere non abbiamo più a ripetersi“.
Aggressioni, i numeri dell’Inail
Ogni anno centinaia di operatori sanitari vengono aggrediti da chi cercano di curare. Basti pensare che – secondo gli ultimi dati dell’Inail – nel triennio 2019-2021 i casi accertati sono più di 4.800 (per l’esattezza 4.821, per una media di circa 1.600 l’anno). Numeri alti, ma che non tengono conto dei casi non denunciati. La fascia maggiormente attaccata è quella che va dai 35 ai 49 (quasi uno su quattro), mentre la professione più colpita è quella dei tecnici della salute, in cui si concentra più di un terzo dei casi. Si tratta prevalentemente di infermieri, ma anche di educatori professionali, normalmente impegnati in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani all’interno di strutture sanitarie o socio-educative.
Seguono, con il 29% dei casi, gli operatori socio-sanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali e, con il 16%, le professioni qualificate nei servizi personali e assimilati, soprattutto operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità. Più distaccata, con il 3% dei casi di aggressione ai danni del personale sanitario, la categoria dei medici, che non include però nell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.