Abbandono scolastico, trend in aumento, si tratta quasi di una vera e propria emergenza sociale da arginare. I numeri, le cause e le conseguenze, ne abbiamo parlato ad Open Day, su Radio Cusano Campus, con Luca Giunti, della Fondazione Openpolis. “E’ un fenomeno complesso, e di difficile misurazione, che coinvolge i ragazzi che lasciano la scuola prima del tempo, o dove in generale si registrano ritardi o bassi apprendimenti nel percorso formativo. A livello europeo, la modalità di misurazione formulata è di considerare chi ha lasciato la scuola con al massimo la licenza media, o senza ottenere qualifiche di studio o professionali – ha spiegato Luca Giunti – il nostro Paese è terzo in Europa per abbandoni precoci, dopo la Spagna e la Romania. In Italia il 12,7% dei giovani tra i 18 e 24 anni ha lasciato la scuola con al massimo la licenza media, ma si tratta di numeri progressivamente diminuiti negli anni. Dieci anni fa, infatti, erano il 20%. Si tratta certamente di un dato positivo a cui si aggiunge il problema dei divari territoriali. In regioni come la Sicilia i giovani che hanno abbandonato la scuola prima del tempo sono uno su cinque, ma i livelli sono altrettanto alti in Puglia e in Campania”.

Abbandono scolastico e dispersione implicita

Abbandono scolastico: aldilà della volontà di interrompere il percorso formativo, c’è anche chi riesce a conseguire un buon titolo di studio, ma senza competenze minime di base. “E’ un fenomeno che va accentuandosi con l’acuirsi delle differenze sociali e dei divari territoriali. Sappiamo che la quota di abbandoni è più alta col peggiorare della condizione del nucleo familiare d’origine. Più è alta la condizione economica di partenza economica delle famiglie minore è la quota di ragazzi che finiscono la scuola con competenze inadeguate, nelle famiglie con più difficoltà economiche la quota di studenti che finisce la scuola con competenze inadeguate è più elevata – ha aggiunto Giunti – quanto al rapporto col mondo del lavoro c’è un prima e un dopo a pandemia che va menzionato: se prendiamo i dati del 2008, la quota di ragazzi che aveva abbandonato gli studi e che aveva un’occupazione è più elevata. Dopo l’emergenza Covid questa quota è crollata. Il tasso di occupazione tra i giovani diciotto-ventiquattrenni che avevano abbandonato precocemente gli studi nel 2008 era il 51%, oltre la metà era occupato pur avendo abbandonato gli studi precocemente nel 2020 questa quota si è ridotta al 33,2%, significa che in un mondo dove le competenze sono sempre più importanti chi resta indietro ha difficoltà ad integrarsi nel mondo del lavoro”.

Disparita sociale e geografica

“Sarebbe necessario un intervento sulle disparità e disuguaglianze, sulla provenienza sociale e geografica. Non esiste una ricetta risolutiva e univoca per tutti, per arginare il fenomeno – si è congedato Luca Giunti della Fondazione Openpolis – serve un supporto per ragazzi e ragazze che hanno più difficoltà negli studi attraverso rientri pomeridiani, laboratori dove fare recuperi sulle materie, supporti scolastici ed extrascolastici. I territori dove questi servizi sono più presenti sono quelli dove la dispersione è minore”.