Il tilacino, anche detto tigre della Tasmania, era un marsupiale carnivoro endemico, appunto, di quest’isola australiana. Era, perché l’ultimo esemplare, Benjamin, morì in uno zoo ormai 85 anni fa. Eppure, a differenza di tanti altri animali ormai scomparsi, non è stato mai dimenticato.
La fama del tilacino
È difficile dire a cosa vada attribuita la fama postuma del tilacino. Forse al suo aspetto così simile a quello di un bizzarro cane, forse ai suggestivi filmati d’epoca che raffigurano gli ultimi esemplari. O forse al fatto che si tratti di una specie estinta in grandissima parte per mano dell’uomo, in un’epoca in cui di impatto ambientale ancora non si parlava. Più probabilmente, ad una combinazione di tutti questi fattori.
Quel che è certo è che oggi esiste una vera e propria cerchia di “nostalgici del tilacino”, che viaggiano per l’Australia sperando invano di avvistarne un esemplare superstite. E si parla, persino, di de-estinguere il tilacino, di ricrearlo in laboratorio e riportarlo, letteralmente, alla vita.
Un marsupiale col muso da volpe
Il tilacino era un marsupiale carnivoro filogeneticamente vicino al diavolo della Tasmania, ma dall’aspetto più simile a quello di un cane. Il muso era quello di una volpe, mentre la coda, lunga e robusta, somigliava a quella di un altro marsupiale famoso, il canguro.
Ma la caratteristica che rendeva il tilacino memorabile era la sua straordinaria apertura mandibolare. Questo animale era infatti capace di spalancare le proprie fauci fino ad oltre 120 gradi, caratteristica unica nei mammiferi e che gli era utile nella caccia.
Benjamin e l’estinzione
Specie endemica della Tasmania, vi sono prove che il tilacino abbia vissuto, in tempi antichi (circa 2000 anni fa), anche nell’Australia continentale e in Nuova Guinea. I cambiamenti nell’ecosistema causati dall’arrivo dell’uomo, insieme alla competizione con il dingo per lo spazio e il cibo, causarono presto la scomparsa del tilacino da quelle zone.
I tilacini sopravvissero solo in Tasmania, benché numerosi. Anche qui, però, l’arrivo dell’uomo fu tragicamente decisivo.
Sebbene questi animali fossero restii ad avvicinarsi all’uomo e alle zone abitate, si guadagnarono la fama di ladri di bestiame. Ne seguì una caccia spietata; il governo tasmaniano istituì addirittura una taglia su ogni tilacino ucciso. A ciò si unì la competizione con il cane, introdotto dall’uomo, insieme alla perdita dell’habitat e delle prede.
A questa frenesia seguì la consapevolezza del rischio di estinzione per il tilacino, ma era ormai troppo tardi. L’ultimo esemplare selvatico fu abbattuto nel 1930. Il 10 luglio 1936, il governo tasmaniano decretò lo status di specie in via di estinzione per il tilacino. Decisamente fuori tempo massimo, dato che, in quella data, rimaneva un solo esemplare in vita: un maschio di nome Benjamin, ospite dello zoo di Hobart dal 1933. Benjamin morì due mesi dopo, il 7 settembre 1936. Era la fine di una triste storia di estinzione, uguale a tante altre, ma diversa in qualche modo.
Avvistamenti e cloni
Il tilacino era ormai scomparso. Scomparso, ma non dimenticato. Il bizzarro cane – canguro dal manto tigrato si era insinuato, chissà come, nell’immaginario collettivo, e da lì non se ne sarebbe più andato.
Lo dimostra il fatto che, ancora oggi, sono numerosi coloro che sostengono che i tilacini non si siano in realtà mai estinti, ma che semplicemente vivano ben nascosti, non solo in Tasmania, ma anche nel resto d’Australia, dove la specie risulta assente da oltre 2000 anni. Decine di escursionisti sostengono, più o meno in buona fede, di averne avvistato un esemplare, e gruppi organizzati di nostalgici del tilacino si avventurano nelle zone degli avvistamenti, nella speranza di incontrarne uno. I giornali e alcuni ricchi appassionati hanno addirittura promesso cospicui premi in denaro a chiunque riesca a catturarne un esemplare vivo e incolume; insomma, quello di essere braccato, per una ragione o per l’altra, sembra proprio essere il destino del povero tilacino.
Tuttavia, i numerosi video e foto dei presunti avvistamenti che circolano sul web non sono mai abbastanza nitidi da essere attendibili. In effetti, è piuttosto improbabile che gruppi di tilacini siano sopravvissuti e si siano riprodotti, fino ad oggi, senza mai farsi notare.
Ma qualcuno ha pensato a un’altra soluzione per riportare in vita la tigre della Tasmania. Pare infatti che sia possibile isolare il DNA del tilacino, a partire dai numerosi esemplari imbalsamati conservati nei musei. Già da qualche anno si discute di questa opportunità, che renderebbe possibile clonare il tilacino in laboratorio e, letteralmente, de-estinguerlo. Magari per poi, pian piano, reintrodurlo in natura. Nella speranza che questo non alteri, ancora una volta, l’equilibrio di un ecosistema che l’uomo non ha ancora imparato a rispettare.
Forse, la cosa migliore che oggi possiamo fare per il tilacino non è riportarlo in vita, ma imparare dalla sua storia, e da quella dei tanti animali estinti per mano dell’uomo, che oggi possiamo ammirare solo in fotografia.
Chiara Genovese