Il Consiglio e il Parlamento Ue hanno raggiunto il secondo accordo sulle energie rinnovabili in pochi giorni. Dopo l’AFIR (l’installazione dei punti di ricarica per i carburanti sostenibili), i due enti comunitari hanno discusso fino a notte fonda per estendere la quota di energia rinnovabile da produrre dal 32% al 42,5% entro il 2030. In calce figura una clausola che prevede un ulteriore incremento del 2,5% per arrivare alla soglia del 45% dei consumi totalmente green.
Markus Pieper (Ppe, Germania) relatore del provvedimento per l’Europarlamento, comunica la fumata bianca che viene accolta con soddisfazione dal commissario all’Energia Kadri Simson:
Abbiamo raggiunto un compromesso ambizioso nella realizzazione del Green Deal e del RePowerEu
Kadri Simson, commissario Ue all’Energia
Come l’AFIR, anche questa misura rientra nel maxi pacchetto Fit For 55, l’impegno con cui l’Europa punta a ridurre le emissioni inquinanti entro il 2030. L’accordo politico provvisorio raggiunto sarà sottoposto prima ai rappresentanti degli Stati membri dell’UE nel Comitato dei Rappresentanti Permanenti del Consiglio e poi al Parlamento per l’approvazione.
La direttiva dovrà poi essere formalmente adottata dal Parlamento e poi dal Consiglio, prima di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE ed entrare in vigore.
Energie rinnovabili, Ue più severa sul settore dei trasporti
Rispetto alla norma approvata solo qualche giorno fa, il dossier sulla produzione e sul consumo di energie rinnovabili in Ue richiedeva maggiore attenzione e concentrazione. Banalmente perché gli ambiti di riferimento sono più ampi e non comprendono il solo settore dei trasporti. A tal proposito, ogni segmento economico avrà dei propri obiettivi, con i più “arretrati” nell’adozione chiamati al galoppo per recuperare il gap accumulato.
Partendo proprio dal ramo trasporti, l’accordo provvisorio offre agli Stati membri la possibilità di scegliere tra la riduzione del 14,5% delle emissioni di gas serra e l’adozione di una quota di energie rinnovabili pari al 29%. Tra i cosiddetti “sotto-obiettivi” quello del 5,5% come soglia di base per l’impiego di biocarburanti avanzati e di carburanti rinnovabili di origine non biologica (principalmente idrogeno rinnovabile e carburanti sintetici a base di idrogeno) indipendentemente da qualsiasi delle due strade sarà percorsa.
Passando al comparto industriale l’accordo provvisorio prevede un aumento progressivo di energia rinnovabile dell’1,6% annuo. Gli Stati membri hanno inoltre concordato altri due obiettivi a lungo termine: il 42% di idrogeno da combustibili rinnovabili di origine non biologica (RFNBO) entro il 2030 e il 60% entro il 2035. In alternativa si pongono soglie più limitanti sull’impiego di idrogeno da fonti combustibili (rispettivamente al 23% e al 20%).
Bruxelles chiede corsie preferenziali ai progetti green
Tema risultato particolarmente ostico per l’Italia riguarda sia l’efficientamento energetico che la direttiva sulle “case green”. Qui il diktat di Bruxelles prevede un target pari al 49% di energia rinnovabile prodotta negli edifici nel 2030. Anche in questo frangente sono presenti degli incrementi graduali per il riscaldamento e il raffreddamento, che oscillano tra lo 0,8% e l’1,1%. Ci sono poi dei paletti specifici per ogni singolo Stato membro.
Capitolo bioenergia, strettamente collegato agli altri in quanto verte sulla produzione. Consiglio e Parlamento approvano criteri più rigidi per la produzione e l’uso di biomasse a scopi energetici, nell’ottica di una crescente sostenibilità.
Infine, autorizzazioni più rapide per i progetti che riguardano la produzione di energie rinnovabili. La misura soddisfa da un lato l’esigenza di centrare gli obiettivi, dall’altro di accantonare definitivamente la dipendenza da gas e petrolio russi. Ogni singolo Stato avrà dunque l’obbligo di garantire delle corsie preferenziali ai progetti green, grazie alla classificazione dei progetti quali “di interesse pubblico prevalente”.