Rifiuto sull’estradizione di dieci ex terroristi rossi, la Corte di Cassazione francese smentisce il presidente Macron. Tra i dieci terroristi ci sono otto uomini e due donne che si sono ricostruiti una vita in Francia, alla base della scelta c’è la volontà di tutelare la vita privata delle dieci persone.

Rifiuto estradizione terroristi

La Corte di Cassazione francese ha confermato il rifiuto di estradare alcuni ex terroristi rossi italiani. Le dieci persone vivono in Francia e l’Italia le ha richieste perché condannate in via definitiva per atti terroristici compiuti durante gli anni di piombo. La Cassazione ha validato la decisione della Corte d’appello di Parigi, che il 29 giugno dello scorso anno si era detta contraria all’estradizione affermando che va rispettato il loro diritto alla vita privata e familiare e il diritto a un processo equo.

Dupond-Moretti parla con Nordio

Il ministro della Giustizia francese, Eric Dupond-Moretti, ha avuto parlato con il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio, dopo la sentenza della Corte di Cassazione d’oltralpe sugli ex terroristi rossi italiani. Di fronte alla conferma del rifiuto di estradarli in Italia, Dupond-Moretti dice all’agenzia Agi di aver “riaffermato a Nordio di avere piena fiducia nella Giustizia italiana e nella qualità della collaborazione fra Italia e Francia in materia giudiziaria“. La cooperazione giudiziaria italo-francese è rafforzata negli ultimi anni: solo nel 2021, 52 sono state le persone consegnate dalla Francia all’Italia e altrettante dall’Italia alla Francia in esecuzione di un mandato d’arresto europeo.

Il commento di Nordio

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato così la decisione della Corte di Cassazione francese:

“Prendiamo atto della decisione della Corte di Cassazione francese, che in piena autonomia ha deciso di negare l’estradizione in Italia di 10 ex terroristi condannati in via definitiva per gravissimi reati compiuti negli anni di piombo. L’Italia ha fatto tutto quanto in suo potere, perché fosse rimosso l’ostacolo politico che per decenni ha impedito alla magistratura francese di valutare le nostre richieste. Avevo già avuto modo di ringraziare di persona nel nostro primo incontro, il collega Eric Dupond-Moretti per essere stato al fianco dell’Italia e per la sua costante attenzione nei confronti delle nostre richieste. Con lui ho avuto anche un colloquio telefonico. Il Ministro Dupond-Moretti ha compreso il nostro bisogno di verità e giustizia e, dando corso alle nostre domande di estradizione, ha testimoniato la piena fiducia del Governo francese nella nostra magistratura, che ha giudicato gli imputati degli anni di piombo sempre nel rispetto di tutte le garanzie”. Ho vissuto da pubblico ministero in prima persona quegli anni drammatici e oggi il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all’intero Paese, una risposta dalla giustizia francese. Faccio pertanto mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso 51 anni fa, nella speranza che chi allora non esitò ad uccidere ora senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità”.

Carlo Nordio, ministro della Giustizia

Mario Calabresi: “Un illusione aspettarsi qualcosa di diverso”

Parla della sentenza anche Mario Calabresi, giornalista e direttore del quotidiano La Stampa dal 2009 al 2015, figlio del commissario Luigi Calabresi assassinato nel 1972 dicendo che “Era un’illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma c’è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che “ i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (…) e quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà…

I parenti delle vittime

Una decisione ingiusta secondo i parenti delle vittime del terrorismo rosso. Il presidente dell’Associazione nazionale vittime del terrorismo Roberto Della Rocca, sopravvissuto alle Brigate rosse, ha definito la sentenza vergognosa e priva di fondamento giuridico. Della Rocca ha fatto appello al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, “affinché la giustizia italiana intervenga“. E alla Francia ha rivolto una domanda ben precisa: “Se fosse successa la stessa cosa al contrario con le vittime del Bataclan?“.

Le motivazioni e la decisione della Chambre

Le motivazioni del rifiuto le aveva fornite la presidente della Chambre de l’Instruction. Con la scelta fatta si voleva tutelare il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, appellandosi alle garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il giorno successivo alla decisione è intervenuto Macron affermando che “quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia”. Il procuratore generale della Corte d’appello di Parigi, Remy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione per accertarsi che gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia avrebbero beneficiato di un processo in patria.

Chi sono gli ex terroristi

Sono dieci i brigadisti coinvolti in questa decisione. Otto uomini fra i quali c’è Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, e due donne appartenenti alla Brigate rosse: Marina Petrella e Roberta Cappelli.

Il comunicato della Corte

Divisione Penale – Appello n. 22-84.382 pubblicato nel Bollettino Sentenza Divisione Civile / e appelli n. -84.394 e 22-84.395

Gli italiani sono stati giudicati colpevoli, tra il 1983 e il 1995, dalla giustizia italiana, di attentati terroristici, eversione dell’ordine democratico e omicidio aggravato, commessi in Italia, tra il 1972 e il 1982, durante gli ” anni di piombo “. Di queste dieci persone che vivono in Francia, le autorità italiane hanno chiesto la loro estradizione nel 2020 per poter scontare la pena in Italia. La Corte d’Appello, nel 2022, si è pronunciata sfavorevolmente su tali richieste di estradizione , ritenendo che:

  • diversi ricorrenti sono stati giudicati in contumacia, senza aver avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo, non offrendo tale garanzia la legge italiana;
  • quasi tutti i ricorrenti hanno vissuto in Francia per circa 25-40 anni, un Paese in cui hanno una situazione familiare stabile, si sono integrati professionalmente e socialmente, rompendo ogni legame con l’Italia, cosicché la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto a rispetto della vita privata e familiare.

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi proposti dall’Avvocatura Generale presso la Corte d’Appello di Parigi avverso le decisioni della Corte d’Appello, ritenendo sufficienti le motivazioni addotte dai giudici, che rientrano nella loro sovrana discrezionalità. Il parere negativo sulle richieste di estradizione è quindi definitivo.

Comunicato stampa della Corte di Cassazione francese, 28 marzo 2023