Yvan Sagnet è il fondatore dell’associazione contro il caporalato No Cap. La sua storia inizia quando, da studente al Politecnico di Torino, decide di trasferirsi in Puglia per potersi mantenere e lavorare. È a Nardò che Sagnet conosce, per la prima volta, la brutalità del fenomeno del caporalato. Nel 2011, insieme ad altri braccianti organizza, a Nardò, il primo grande sciopero contro lo sfruttamento nel lavoro agricolo. L’evento sarà destinato a essere un vero e proprio spartiacque nella storia dei diritti del nostro Paese. È proprio da quel momento che si avvia infatti un percorso che porterà pochi mesi dopo all’approvazione della prima legge sul caporalato e alla nascita di NO CAP, movimento internazionale per contrastare lo sfruttamento in agricoltura e favorire il rispetto dei diritti umani, sociali, e dell’ambiente.

Yvan Sagnet: “Per combattere il caporalato serve lavorare sulla prevenzione”

La redazione di TAG24 ha raggiunto Yvan Sagnet per un’intervista esclusiva nella quale l’attivista commenta il decreto Flussi e gli esiti del click day di ieri mettendo in luce come, accanto a una politica di ingressi regolari, occorra lavorare per far emergere il lavoro in nero.

Yvan Sagnet, ieri l’Italia ha aperto le domande per permettere l’ingresso regolare di lavoratori extracomunitari. Secondo le imprese, tuttavia, questi ingressi non sono sufficienti. Cosa ne pensa?

La mia opinione è che servono sicuramente dei canali di ingresso regolari nel nostro Paese, ma non solo per motivi legati al lavoro. Alcune persone vogliono venire in Italia per ricongiungersi con le loro famiglie, altre scappano da guerre. Il decreto Flussi regola invece solo l’accesso dei lavoratori: io penso non si possa parlare di canali di ingresso solo per accontentare gli operatori economici del Paese.

A questo si aggiunga che nel nostro Paese ci sono già circa 1 milione di migranti che lavorano in nero perché non hanno i documenti. Perché non integrare allora la manodopera che già abbiamo e già è formata? Parliamo di persone che sono in Italia da anni, parlano la lingua ma non sono riconosciute: io credo sia urgente regolarizzare questi lavoratori per far emergere il lavoro in nero. È un’ipocrisia ragionare solo sul decreto Flussi e non mettere in campo azioni per regolarizzare persone già integrate e formate al mestiere.

Lei crede ci sia una correlazione tra le migrazioni irregolari e il fenomeno del caporalato?

Il caporalato è un fenomeno trasversale che colpisce indistintamente stranieri e italiani e non può essere legato solo ai migranti. Si pensi a Paola Clemente, bracciante italiana morta per lo sfruttamento dei caporali. Certamente il caporalato colpisce anche i migranti, perché sfrutta i soggetti più deboli del mercato del lavoro. Chiaramente un migrante che arriva in Italia e non viene integrato e seguito va a finire nelle maglie degli sfruttatori e della criminalità organizzata. Si tratta di soggetti vulnerabili, non sindacalizzati, che diventano ricattabili da parte dei caporali. Per questo l’accoglienza deve andare di pari passo con l’integrazione, che è la parte che purtroppo spesso manca.

Cosa pensa del clima culturale caratterizza il dibattito sull’immigrazione in Italia?

Io penso ci sia ancora molto da fare, siamo ancora arretrati nell’approccio alla questione dell’immigrazione. Il problema è che non si è mai voluti uscire dall’ideologia e dalla strumentalizzazione politica, tanto a destra quanto a sinistra. Nessuno ha mai messo in campo politiche lungimiranti sul tema.

Qualcuno aveva ipotizzato i blocchi navali, poi di affondare le navi.. e una volta al potere ci si è resi conto che queste non sono soluzioni percorribili e si trattava di propaganda. Addirittura chi avrebbe creduto che un Governo che dal punto di vista ideologico ha una certa idea dell’immigrazione avrebbe fatto i decreti Flussi. La verità è che una volta che si ha responsabilità ci si rende conto che si sono persi anni a fare speculazioni sulla pelle dei migranti. Bisogna lavorare su una politica lungimirante non ideologica. L’immigrazione controllata serve al sistema Paese: serve a tutti, alle imprese, al sistema pensionistico, serve a risolvere il problema demografico italiano. L’Italia deve uscire dalla logica dei porti chiusi e liberarsi dal razzismo. Occorre che tutti, da destra a sinistra, si siedano al tavolo per affrontare un problema epocale e strutturale lavorando sui vantaggi che offre l’immigrazione. Ma se si continua a parlare dal punto di vista ideologico non si andrà da nessuna parte. E lo stiamo vedendo bene in questo momento.

L’attività svolta da No Cap è stata più volte omaggiata dal presidente della Repubblica Mattarella. C’è secondo lei un’attenzione da parte di questo Governo al problema del caporalato?

Questo Governo – sulla scia di quanto fatto dai precedenti esecutivi – ha mantenuto il Tavolo nazionale contro il caporalato che riunisce diversi attori della società civile attorno al problema. Il problema sono le soluzioni che il Governo individua: si pensi al decreto legge varato a Cutro dove si è deciso l’inasprimento delle pene per i caporali. Su questo non ci troviamo d’accordo: pensare che aumentare le pene per i caporali  – o per gli scafisti nel caso degli sbarchi –  sia la soluzione per risolvere il problema è sbagliato. Le pene già ci sono: ora bisogna uscire dalla logica repressiva e lavorare per prevenire il fenomeno dello sfruttamento. Lo Stato ha gli strumenti per arrivare a una soluzione, anche a breve termine: deve mettere solo in campo le giuste soluzioni.