Svolta nel caso del bimbo nigeriano di soli 20 giorni morto dopo una circoncisione nella giornata di Venerdì 24 Marzo vicino a Roma, ieri infatti sono state arrestate due donne e la mamma del piccolo al momento risulta denunciata a piede libero.

Tutte e tre sono indagate per omicidio preterintenzionale dalla procura di Velletri. Per le due donne arrestate c’è anche l’ipotesi di reato di esercizio abusivo della professione medica. Sono, infatti, gravemente indiziate di avere operato l’intervento di circoncisione sul bambino nigeriano.

L’autopsia che si svolgerà nei prossimi giorni accerterà le cause della morte del bimbo.

Roma bimbo morto dopo circoncisione: le indagini dei Carabinieri

I Carabinieri della compagnia di Frascati, coordinati dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, sono arrivati alle due donne grazie alle rivelazioni della mamma del piccolo.

Si tratta di due nigerine che nella sera di Giovedì erano entrambe a casa del piccolo, nella periferia di Monte Compatri, al confine con Colonna.

Una delle due, senza avere alcuna qualifica, ha praticato la circoncisione al bimbo e qualche medicazione improvvisata, poi entrambe sono andate via. Nella notte però la ferita si è riaperta, causando un’emorragia e la morte del neonato.

Ieri mattina la mamma del bambino, visibilmente sconvolta da quanto accaduto è stata interrogata dagli inquirenti e ha raccontato agli investigatori come erano andate effettivamente le cose.

Ha indirizzato gli agenti verso la donna a cui si era rivolta in prima battuta per trovare qualcuno disponibile a praticare il rituale della circoncisione del figlio, molto diffuso nelle comunità musulmane. I militari dopo alcune indagini l’hanno poi rintracciata nella zona di Tor Vergata e arrestata. I Carabinieri l’hanno quindi raggiunta a Mentana e l’hanno arrestata dopo il riconoscimento da parte della mamma del bimbo.

La donna ha ammesso gli addebiti ricevuti e ha permesso agli investigatori di individuare la complice che aveva materialmente praticato la circoncisione illegale.

Sono stati inoltre, sequestrati i cellulari di tutti i coinvolti nella vicenda e, presso l’abitazione della seconda donna anche la somma di euro 4.240, ritenuta provento dell’esercizio abusivo della professione oltre a numerose siringhe e medicinali vari.

Entrambe le donne fermate sono state tradotte presso la casa circondariale di Roma Rebibbia-Femminile in attesa della convalida.

La vicenda

Tutto è accaduto la mattina del 24 Marzo scorso quando la mamma disperata, dopo il malore del bambino, ha chiamato il 112 e ha chiesto aiuto ad una pattuglia di Carabinieri della Stazione di Colonna che stava eseguendo un posto di controllo in via Casilina, all’altezza del capolinea della metro C; inutile però la corsa in ospedale dell’ambulanza, scortata anche dai Carabinieri.

Il dramma del piccolo bambino di origine nigeriana ricorda infatti troppo da vicino quanto avvenuto il 23 Dicembre del 2018 a Monterotondo, sempre in provincia di Roma.

Un bimbo di 2 anni, anche lui di origini nigeriane, morì a causa di una emorragia in conseguenza della circoncisione rituale clandestina subita assieme al proprio gemello da un sedicente medico, anche lui immigrato.

Secondo le statistiche dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), ogni anno si effettuano 11mila circoncisioni su bambini di origine straniera che vivono in Italia.

Come si dovrebbe eseguire l’intervento

L’intervento dovrebbe essere effettuato da urologi o chirurghi plastici in regime di day-hospital: può essere eseguito in anestesia locale, ma quando è praticata per motivi religiosi è spesso eseguita senza anestesia.

Se l’intervento è effettuato sui neonati la procedura richiede circa una decina di minuti. Quei dieci minuti, però, non figurano nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) garantiti a carico del Servizio sanitario nazionale e l’operazione può costare dai 500 ai 1.500 euro.

Per questo circa il 35% delle circoncisioni praticate in Italia è ancora effettuato clandestinamente, in casa o in strutture non adeguate, in precarie condizioni igieniche e da persone non qualificate.

A fronte di questi dati alcune Regioni hanno deliberato la gratuità della prestazione: tra queste anche il Lazio.