“Aveva diritto di vivere, non di pagare per sua madre”. Così, uscendo dalla Corte di Assise di Milano, Viviana Pifferi, sorella di Alessia Pifferi e zia della piccola Diana, morta di stenti a soli 18 mesi dopo essere stata abbandonata in casa dalla madre. La 37enne, nel processo a suo carico – la cui prima udienza è stata rinviata da oggi al prossimo 8 maggio – rischia l’ergastolo. È detenuta dallo scorso luglio, quando nella sua casa di Ponte Lambro fu scoperto il corpicino senza vita della bimba.
Alessia Pifferi processo al via oggi: la 37enne rischia l’ergastolo
“Mia sorella deve pagare. Diana era la bimba più bella del mondo, non si meritava tutto questo, lei deve pagare per ciò che ha fatto”, avrebbe detto ai cronisti, all’uscita dal Tribunale di Milano, Viviana Pifferi,sorella della donna accusata di aver lasciato morire la figlia di 18 mesi di stenti, abbandonandola sola in casa per diversi giorni, sei. La donna, 37 anni, si trova in carcere dallo scorso luglio con l’accusa di omicidio volontario e, nel processo a suo carico, rischia l’ergastolo. L’udienza di oggi, la prima, è stata rinviata all’8 maggio per permettere alla difesa di affrontare al meglio il procedimento, “complesso e delicato”. Sembra infatti che la donna abbia da poco cambiato legale. Ora è assistita dall’avvocata Alessia Pontenani.
Nella prossima udienza – durante la quale saranno trattate le questioni preliminari e la fase dell’ammissione delle prove -, la madre e la sorella di Alessia Pifferi, rispettivamente nonna e zia della bimba deceduta, assistite dal legale Emanuele De Mitri, si costituiranno parti civili contro la 37enne. La Procura di Milano, intanto, ha contestato nell’imputazione di omicidio volontario anche l’aggravante della premeditazione, oltre a quelle di aver ucciso la figlia e dei motivi futili e abietti. La piccola, scrivono i pm, venne lasciata “priva di assistenza e assolutamente incapace, per la tenerissima età, di badare a se stessa, senza peraltro generi alimentari sufficienti e in condizioni di palese ed evidente pericolo per la sua vita, pure legate alle alte temperature del periodo”. Tutto ciò causò “nella minore una forte disidratazione” e la conseguente morte.
La ricostruzione dei fatti
Il processo a carico della 37enne, dicono i giudici, potrebbe chiudersi entro la fine della prossima estate. Per la morte della piccola Diana, Alessia Pifferi rischia di trascorrere in carcere tutta la vita. È accusata di averla lasciata da sola in casa per sei giorni, mentre frequentava il nuovo compagno, forse proprio nel tentativo di liberarsi di lei, vissuta come un ostacolo alle sue relazioni amorose. Una scelta lucida, come dimostrerebbe il fatto che le abbia somministrato dei tranquillanti, probabilmente per calmarla e fare in modo che nessuno si accorgesse della sua presenza in casa. La pm l’ha definita una donna “priva di scrupoli” e “capace di commettere atrocità”.
Da alcune chat emerse nel corso delle indagini sul telefono dell’imputata, è stato messo in luce che la 37enne possa anche aver abusato della figlia o che abbia permesso ad altri di farlo, in cambio di soldi. Secondo quanto ricostruito, avrebbe abbandonato la bimba nel tardo pomeriggio del 14 luglio, dopo averla lavata e cambiata e averle lasciato nel lettino da camping in cui riposava un biberon con del latte. Si sarebbe poi recata nel Bergamasco, per raggiungere il suo nuovo compagno, al quale avrebbe detto che la bimba era al mare con sua sorella. Al ritorno, il mercoledì successivo, sei giorni dopo il suo allontanamento, avrebbe trovato la bimba senza vita. Non era la prima volta che la lasciava sola, anche per diversi giorni. Stando all’esame autoptico effettuato sulla piccola salma, Diana sarebbe morta per la fame e la sete.