La riforma della giustizia in Israele è stata negli ultimi giorni motivo di polemiche e scontri all’interno e all’esterno del Knesset. Cosa prevede la riforma che Netanyahu vorrebbe.

Riforma giustizia in Israele

Motivo di dissenso e scontri tra i cittadini israeliani, la riforma della giustizia voluta dal governo di Netanyahu è stato il motivo principale di una delle proteste più granfi viste in Israele con più di mezzo milione di cittadini in piazza nelle più grandi città del Paese. Le manifestazioni, che vanno avanti da dodici sabati, talmente forti da portare addirittura a pensare di cambiare il testo della contestata riforma.

Cosa prevede la riforma

Con l’intenzione di bilanciare i poteri dello stato, la riforma vorrebbe togliere i poteri di controllo alla Corte suprema ed attribuirli al governo: i membri dell’Alta Corte verrebbero poi nominati dall’esecutivo. Altro punto fondamentale per comprendere la riforma è che i giudici dovranno poi rinviare al parlamento una legge contraria alle leggi fondamentali e lasciare alla maggioranza semplice dei deputati della Knesset la decisione sull’ “anticostituzionalità”. In breve, la Corte suprema israeliana perderebbe il suo potere più importante.

Il rischio del depotenziamento della Corte determinerebbe, secondo i manifestanti, un pericolo per l’assetto democratico israeliano portando alla scomparsa di un contrappeso al governo. Allo stato attuale in Israele ogni legge può essere annullata dalla Corte Suprema, composta da quindici giudici nominati da una commissione di nove membri. Di questa commissione tre giudici sono della membri della Corte, due sono avvocati e quattro-due ministri e due membri della Knesset-del governo. Altro dettaglio importante è che lo Stato israeliano non ha mai avuto una Costituzione, quindi la Corte fa riferimento nella sua attività al “principio della ragionevolezza” e a “leggi fondamentali” su cui misura una sorta di costituzionalità delle norme.

“Dittatura”: la paura di chi è in piazza

Secondo molti cittadini, il rischio che il Paese ebraico possa trasformarsi grazie alle riforme di Netanyahu in una dittatura esiste. Le preoccupazioni si sono fatte sentire già nel 2022 quando il premier israeliano ha vinto le elezioni per la Knesset con un blocco quadripartitico nel quale sono presenti Tkuma e Shas, due partiti legati all’estrema destra sionista.