L’Argentina è scesa nelle strade in marcia per la democrazia nella giornata ‘della memoria, della verità e della giustizia’ che si è tenuta nella capitale Buenos Aires. La popolazione dello stato sudamericano ha riempito la storia piazza antistante la Casa Rosada e ha visto la partecipazione delle principali organizzazioni legate alla lotta contro i crimini della dittatura: le Madri e le Nonne della Plaza de Mayo che in quella stessa piazza iniziarono la lotta per la verità e la giustizia quando i militari erano ancora al potere, e l’associazione Hijos, che raggruppa i figli dei “desaparecidos”.

Argentina marcia per la democrazia

Una giornata non solo di commemorazione ma anche a difesa della democrazia, con questo obiettivo organizzazioni per i diritti umani, associazioni, sindacati, partiti politici e privati cittadini hanno sfilato venerdì nelle strade delle principali città dell’Argentina per commemorare come ogni anno la ricorrenza del 24 marzo, giorno in cui si ricorda la presa del potere da parte della dittatura militare nel 1976.

La commemorazione ha coinciso anche con la celebrazione dei quaranta anni dal ritorno della democrazia nel 1983 e con la conclusione del Forum mondiale dei diritti umani che si è tenuto nella capitale argentina a partire dal 20 marzo. Al termine della marcia i rappresentanti delle organizzazioni per i diritti umani hanno letto il tradizionale documento finale nel quale quest’anno si afferma che “la ricerca del giudizio e del castigo per i colpevoli implica continuare a denunciare i giudici che con la loro lentezza si mettono al servizio dei potenti per mantenere l’impunità“.


Per l’occasione anche la facciata del Parlamento è stata illuminata di celeste e bianco insieme a una imponente scritta con il motto “Nunca Mas” e le bandiere che ricordano i 40 anni dal ritorno della democrazia. Il presidente Alberto Fernandez, impegnato al vertice iberoamericano in corso di svolgimento nella capitale della Repubblica Dominicana, ha pubblicato un messaggio su Twitter dove ha ricordato la creazione di un nuovo spazio per la memoria nella caserma dell’esercito di Campo de Mayo e ha celebrato i 40 anni di democrazia ininterrotti.

La dittatura in Argentina

Processo di riorganizzazione nazionale fu il nome con cui si autodefinì la dittatura civile-militare che governò l’Argentina dal 24 marzo 1976 al 10 dicembre 1983 (cessione incondizionata del potere a un governo costituzionale). Il regime adottò la forma di uno stato burocratico-autoritario e fu caratterizzato dall’attuazione di un “piano sistematico” di terrorismo di Stato.

La dittatura ebbe inizio con il colpo di Stato militare del 24 marzo 1976, che rovesciò la presidente Isabel Martínez de Perón e tutte le autorità costituzionali, nazionali e provinciali, imponendo una giunta composta dai tre comandanti delle forze armate. La giunta emanò diverse norme di gerarchia sovracostituzionale e nominò un ufficiale militare – con il titolo di presidente, nelle cui mani furono accentrati i poteri esecutivo e legislativo sulla nazione e sulle province – e cinque funzionari civili che occuparono la corte suprema.

Gli obiettivi dichiarati del Processo di riorganizzazione nazionale erano combattere la corruzione, la demagogia e la sovversione, e collocare l’Argentina nel “mondo occidentale e cristiano”. Si stabilì un nuovo modello economico-sociale, sulle linee guida del neoliberismo, imposto attraverso una generale violazione dei diritti umani di un settore della popolazione classificato come populista, gauchista (zurdo) e sovversivo (guerra sucia). Il potere fu esercitato tramite la violenza e la tortura, l’esilio forzato, l’appropriazione di minori, e provocò un numero stimato di circa 30.000 sparizioni. Il regime militare poté contare sul sostegno o la tolleranza dei principali media privati e gruppi economici del paese, della chiesa cattolica e della maggior parte della comunità internazionale.

Alla fine del 1983, indebolito dalla sconfitta nella guerra delle Falkland, il regime fu costretto a cedere il potere a un governo liberamente scelto dai cittadini. Il 10 dicembre 1983, che sarebbe poi diventato ufficialmente il Giorno della restaurazione della democrazia, il presidente Raúl Alfonsín, il parlamento, e le amministrazioni locali democratiche rientrarono in carica.