È di questa mattina, 25 marzo, la notizia della concessione di un permesso premio di 12 ore nei confronti di Giuseppe Grassonelli, il boss della Stidda, organizzazione criminale di tipo mafioso attiva in Sicilia, condannato per una serie di omicidi commessi negli anni Ottanta e Novanta e detenuto in regime di 41 bis da oltre trent’anni. Secondo i giudici del Tribunale di Milano, si tratta di un “passo basilare e utile in un’ottica di risocializzazione”, avendo l’uomo dimostrato di aver preso le distanze dal suo passato criminale, mostrandosi fiducioso nei confronti della giustizia e delle leggi.

Chi è Giuseppe Grassonelli, il boss della stidda detenuto in regime di 41 bis da 31 anni

Nato a Porto Empedocle nel 1965, da oltre trent’anni – trentuno, nello specifico -, Giuseppe Grassonelli è detenuto in regime di 41 bis. Soprannominato “Malerba” per il suo carattere da bullo, si caccia nei guai fin da giovanissimo, soprattutto per piccoli furti. È per evitare l’arresto che la sua famiglia lo spedisce da alcuni parenti in Germania. Tornato in Italia per adempiere agli obblighi di leva e congedato nel 1986, assiste alla strage della sua famiglia: il nonno e gli zii sono seduti nella piazza centrale di Porto Empedocle, di fronte al bar Albanese, quando un commando legato alla mafia dei corleonesi li prende di mira, uccidendoli. Giuseppe riesce a salvarsi perché, qualche minuto prima, si era allontanato per seguire una ragazza. Rimane però ferito a un piede. Dopo essersi nascosto dietro un’automobile per sfuggire alla furia dei sicari, riesce a distinguere la voce di uno di loro. Alcuni mesi più tardi anche un altro suo zio sarà ucciso, come tutti i componenti maschi della famiglia.

Quella dei Grassonelli è una famiglia molto nota della zona, e non da tutti benvoluta: controlla, infatti, la Stidda, un’organizzazione criminale di tipo mafioso attiva soprattutto nei consorzi comunali di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa, che raccoglie al suo interno i fuoriusciti da Cosa Nostra. Per cercare vendetta, dopo essere riparato una seconda volta in Germania, Giuseppe, tornato in Sicilia, ne prende il comando. Uccide, più volte. Non sempre per cercare giustizia per i familiari massacrati. Alla fine, nel novembre 1992, viene arrestato.

Avrei continuato a uccidere se non mi avessero arrestato: la rabbia verso chi mi ha privato di persone che amavo mi facevano sentire nel “giusto” – ha scritto, di recente, in un libro intitolato “Malerba”, scritto a quattro mani con il giornalista Carmelo Sardo e uscito per Mondadori nel 2014 -. È vero, il dovere di un uomo civile è quello di rivolgersi alle Istituzioni: a nessuno deve essere consentito di farsi giustizia da sé. Ma negli anni ’80 non era così semplice: erano gli anni in cui la mafia era considerata qualcosa di invincibile, e lo Stato non soltanto appariva debole ma era anche lontano, molto, molto lontano dalla Sicilia…

Il perché della concessione del permesso premio

Condannato all’ergastolo, Grassonelli è detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera, a Milano. Nel 2022, dopo un apposito percorsi di studi, si è laureato in Lettere e Filosofia con 110 e lode. Con il tempo, nonostante non abbia collaborato fattivamente con la giustizia, fornendo informazioni utili alle indagini, ha fatto capire di aver preso le distanze dal suo passato criminale, mostrando fiducia nella legge. Per questo i giudici gli hanno ora concesso un permesso premio di 12 ore. “Il percorso carcerario più che trentennale effettuato dal carcerato convince oggi del suo completo e radicale distacco dalle vicende e dal contesto criminale. La concessione del primo permesso premio si presenta come un passo basilare e utile in un’ottica di risocializzazione”, si legge nella motivazione del Tribunale di Milano.