Per la terza volta in altrettanti anni la giustizia francese rigetta la richiesta italiana di estradizione per Vincenzo Vecchi. Quest’ultimo è uno dei nomi di spicco dei cosiddetti “black-block” nei fatti relativi alle violenze attuate durante il G8 di Genova nel 2001, per il quale nel 2012 è stata emessa una sentenza di condanna a 11 anni e 6 mesi di carcere.
Nei confronti di vecchi era comparso nel 2016 un mandato d’arresto europeo con cui l’Italia chiedeva l’estradizione affinché l’uomo, ormai rifugiatosi in Francia, scontasse in Italia il resto della pena. Secondo la Corte d’appello di Lione, in Francia, l’estradizione “rappresenterebbe un oltraggio sproporzionato al rispetto della sua vita privata e familiare“.
Estradizione Vincenzo Vecchi, chi è il militante No-Global
Undici anni fa Vincenzo Vecchi fu accusato e condannato per il reato di devastazione e saccheggio in merito ai fatti del G8 di Genova, mentre già si trovava in Francia dove aveva iniziato una nuova vita. Nello specifico, il 49enne originario di Bergamo si era stabilito in Bretagna sotto falso nome per coprirsi dai tentativi di estradizione messi in pratica dall’Italia.
Nella loro sentenza, i giudici riconoscono il fatto che Vecchi si sia integrato nella nuova comunità e svolga con dedizione il ruolo di marito e padre. Motivo per cui sarebbe lesivo dei suoi diritti rivendicare una condanna per fatti risalenti a oltre vent’anni fa. Vecchi ora lavora come falegname in una cooperativa che si occupa di alloggi green in Bretagna, dove vive dal momento in cui è stato scarcerato (nel novembre 2019).
A seguito della sua scarcerazione erano stati avviati due ricorsi in Cassazione e una pronuncia della Corte di Giustizia, dai verdetti contrastanti tra di loro. Le corti d’appello di Rennes (che ha disposto la scarcerazione) e di Angers, che hanno respinto la richiesta di estradizione rispettivamente nel 2019 e nel 2020, erano state “sovvertite” dalla decisione della Corte di Giustizia per un vizio di forma.
Grande soddisfazione e sollievo tra gli avvocati transalpini dell’ex militante. La procura generale ha ora tre giorni di tempo per ricorrere in appello.