Il tema TikTok e l’asse Stati Uniti-Cina agita le acque per quanto riguarda la gestione del social dei video. Pechino avverte Washington sul divieto nei confronti di TikTok e di tutti i suoi trend e dice che sarebbe una “persecuzione politica xenofoba”. La richiesta da parte del governo cinese è quella di smettere di porre un freno alle società cinesi, secondo loro “irragionevolmente” le società cinesi. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, in risposta a una domanda sull’audizione al Congresso Usa del Ceo di TikTok, Shou Zi Chew, su questioni relative alla sicurezza dei dati.
“Finora il governo degli Stati Uniti non ha fornito alcuna prova per dimostrare che TikTok minacci la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma ha ripetutamente presunto la colpa e soppresso irragionevolmente le società interessate”, ha scandito la portavoce, sottolineando che “vietare TikTok è una persecuzione politica xenofoba”. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, “dovrebbero rispettare seriamente i principi dell’economia di mercato e della concorrenza leale, smettere di sopprimere irragionevolmente le aziende di altri Paesi e fornire un ambiente aperto, equo, giusto e non discriminatorio per le aziende di tutto il mondo”.
Allo stesso tempo Pechino ha assicurato di non voler richiedere alle aziende cinesi di consegnare tutto quanto raccolto all’estero attraverso dati e numeri. In questo momento, alla luce di questa tensione legata ai social, TikTok affronta crescenti pressioni negli Stati Uniti. Sempre il ministro Mao Ning, nel corso del dialogo sul tema, ha affermato che Pechino “non ha mai richiesto e mai richierà ad aziende o individui di raccogliere o fornire dati situati in un Paese straniero, in un modo che violi la legge locale”, aggiungendo che il governo cinese “attribuisce grande importanza a tutelare la riservatezza dei dati”.
Cina, non solo TikTok: arrestati 5 dipendenti cinesi di un’azienda Usa
Non c’è solo la questione TikTok ad agitare le acque nella Cina. Il gruppo Mintz, con sede a New York, ha visto l’arresto di cinque dipendenti, con l’azienda stessa che ha affermato di non aver “ricevuto alcuna notifica ufficiale di procedimenti legali” nei suoi confronti e di aver “chiesto alle autorità di rilasciare i suoi dipendenti”. Ha dichiarato anche di aver assunto degli avvocati per “dialogare con le autorità e aiutare i (suoi) dipendenti e le loro famiglie”.
Si tratta di un gruppo specializzato nell’investigazione di accuse di frode, corruzione e cattiva condotta sul posto di lavoro, oltre che nella conduzione di controlli sui precedenti. Sempre all’interno di questo settore parliamo di un totale, a livello globale, di 18 uffici, tra cui quello di Washington. Sul suo sito web, Mintz Group scrive che i suoi dipendenti “scavano in profondità nelle questioni che riguardano i nostri clienti, dal palazzo presidenziale alla piattaforma petrolifera offshore”.