Il leader dell’opposizione indiana Rahul Gandhi è stato condannato a due anni di carcere per diffamazione. Rahul Gandhi è uno dei leader dell’Indian National Congress, il principale partito d’opposizione in India.
India, leader opposizione condannato: cosa è successo
Rahul Gandhi, che nonostante l’omonimia non ha legami di parentela con Mahatma Gandhi, stato condannato per aver definito il primo ministro indiano Narendra Modi “un ladro” durante un comizio elettorale nell’aprile del 2019. La pena è stata sospesa dopo il pagamento di una cauzione da parte di Gandhi, che ora ha 30 giorni per fare ricorso in appello.
Il deputato del Congresso è stato condannato dal tribunale nello stato del Gujarat per i commenti del 2019 sul cognome del primo ministro Narendra Modi durante un comizio elettorale. Parlando in una manifestazione nello stato Karnataka, nell’aprile 2019, Gandhi aveva detto: “Perché tutti questi ladri hanno Modi come cognome? Nirav Modi, Lalit Modi, Narendra Modi”. Nirav Modi è un latitante magnate indiano dei diamanti, mentre Lalit Modi è un ex capo della Premier League indiana che è stato bandito a vita dal cricket board del Paese.
Il suo partito ha accusato il governo di Modi di averlo preso di mira. Le elezioni generali sono previste per il prossimo anno.
Un portavoce del Congresso ha affermato che la sentenza è piena di “conclusioni legalmente insostenibili” e ha promesso che i suoi politici non sarebbero stati messi a tacere. “Non commettere errori. Tutti i tuoi tentativi di creare un effetto agghiacciante, un effetto soffocante, un effetto strangolante su discorsi aperti e senza paura relativi all’influenza pubblica non fermeranno né Rahul Gandhi né il Partito del Congresso”, ha detto Abhishek Manu Singhvi in una conferenza stampa.
La legge indiana stabilisce che la diffamazione può essere punita con pene fino a due anni di carcere. Le organizzazioni che si battono per i diritti civili, però, sostengono che le norme relative al reato, risalenti al periodo coloniale britannico, vadano contro i principi della libertà di espressione e vengano spesso utilizzate dai politici per intimidire chi si oppone o mettere a tacere chi li critica.